Il britpop de noantri

Il 25 aprile del 1994 veniva messo in commercio l’album “Parklife” dei Blur. La prima traccia si intitolava “Boys and Girls” ed era accompagnata da uno scanzonato video molto british, in cui gli allora giovani componenti del gruppo gigioneggiavano e si divertivano. Damon Albarn era, probabilmente, al momento della sua massima figaggine. Fu uno degli istanti “top” del britpop inglese che dominava le classifiche di quegli anni.

Il 13 aprile del 2024 i Blur, di nuovo insieme, si sono esibiti al Coachella , festival canoro californiano, riproponendo al pubblico in versione live la suddetta canzone e riscuotendo scarsissimo successo. Al punto che un bianco vestito e barbuto Damon (sempre più profeta di sé stesso) si è parecchio incazzato, maledicendo tutti quanti e promettendo sfracelli e piaghe d’Egitto ai tiepidi spettatori.

Ma poniamoci una domanda.

Perchè un giovine o una giovinetta, magari nati proprio nel 1994, si dovrebbero riscaldare così tanto e canticchiare il ritornello “Oh, oh, oh, oh oh, oh Oh, oh, oh, oh oh“, per di più a comando, di una canzone che forse neanche rientra nel loro panorama esperienziale ?

E la seconda domanda è: dopo trent’anni ha ancora senso che i Blur si esibiscano dal vivo ? Magari a ventisei anni aveva senso cantare:

Following the herd
Down to Greece
On holiday
Love in the nineties
Is paranoid
On sunny beaches
Take your chances
Looking for

A cinquantasei nessuno va più a cercare ragazzi e ragazze.

Oh, oh, oh, oh oh, oh Oh, oh, oh, oh oh ohi!

Caro Garante della “privatezza”

Caro Garante della riservatezza,

lo so che il suo è un mestiere difficile e pieno di contradditorie trappole. Capisco che in nome della difesa di un diritto un pò evanescente, soprattutto da quando il privato è divenuto molto pubblico, a volte occorre tirare fuori lo spadone per affettare soprusi e paraculate varie, ma questa battaglia contro Chatgpt mi pare tanto una miope affermazione di vacue e deboli considerazioni giuridiche a fronte di un processo talmente vasto, epocale ed inarrestabile che non lascia più scampo. Bastano VPN o Thor per aggirare il suo risibile ostacolo. A dimostrazione che la tecnologia è più rapida delle istituzioni.

V13

Ne ho parlato in numerosi post precedenti, è notorio: mi piace lo scrittore Emmanuel Carrère. Quindi, appena ho saputo che era stato dato alle stampe il suo nuovo libro (V13) mi son detto: “Lo compro, quanto prima”. Detto fatto. Oggi, in un giorno di pioggia a Roma, quando tutti hanno sentito l’esigenza di prendere la macchina per finire imbottigliati volontariamente, sono entrato in una libreria che non conoscevo, dalle parti della Via Salaria, dopo avere bevuto un cappuccino servito da una donna bella e sorridente, con i capelli scuri trattenuti in una crocchia, per comprare la mia copia dalla copertina rosso fuoco su cui campeggia un ‘opera di Lucio Fontana (“Concetto spaziale” 1966-1967). Dovevo farlo. Perchè l’associazione di tutte queste cose, la pioggia, Roma, Via Salaria, la piccola libereria indipendente, ma soprattutto la barista, dovevano portarmi lì e solo lì tra le pagine di un processo.

il fato quotidiano

Per Borges, il fato è un tema ricorrente nella sua opera, e si riferisce alla sensazione di inevitabilità che sembra permeare la nostra esistenza. In altre parole, il fato è la convinzione che ciò che accade nella vita sia predestinato e non possa essere evitato.

In molte delle storie di Borges, il fato è visto come un’entità indifferente, quasi spietata, che agisce indipendentemente dalla volontà umana. Per esempio, nel racconto “Il giardino dei sentieri che si biforcano”, il protagonista si rende conto che ogni decisione che prende crea un’infinita serie di alternative, e che in ogni caso la sua scelta finale era già stata scritta dal fato.

Tuttavia, Borges non crede che il fato sia completamente incontrollabile. In alcune storie, suggerisce che l’individuo ha un certo grado di controllo sul proprio destino, anche se questo controllo è limitato e spesso illusorio. In “La ricerca di Averroè”, ad esempio, il protagonista crede che la sua conoscenza e il suo talento lo metteranno al riparo dal fato, solo per scoprire che, in realtà, il suo destino era già stato deciso dal momento in cui è nato.

In definitiva, Borges vede il fato come una forza misteriosa che permea l’universo e che determina il destino dell’individuo, ma al contempo crede anche che l’individuo possa influire in qualche modo sul proprio destino. In questo modo, il fato diventa un concetto che riflette la tensione tra determinismo e libero arbitrio, tra il destino e la scelta individuale.

Il testo sopra riportato è stato scritto da ChatGPT, a seguito di mia specifica domanda. E’ plausibile, concreto e pertinente. Come molti dei testi prodotti dall’AI presenta alcuni elementi che lo smascherano. Ad esempio, l’uso della parola “tuttavia” a rovesciare alcune affermazioni fatte in precedenza. ChatGPT usa molto il “tuttavia”. Gli piace assai.

Tuttavia, ChatGPT ha già vinto la partita e in un arco di tempo, a mio avviso molto breve, prenderà il posto di molti e di molte. E’ il nostro fato.

tutti pazzi per Elly

Nelle prime ore della proclamazione della nuova Segretaria del PD, Elena Ethel Schlein, mi sono divertito a leggere i vari commenti affidati ai social dalla ggggente comune. Si tratta sempre di un osservatorio molto interessante per capire gli umori delle persone. Sono opinioni, sensazioni, spesso sberleffi che, in genere, non compaiono mai nelle trasmissioni tv, nei commenti giornalistici, nelle analisi seriose. Gli umori oscillavano da Elly è stata eletta grazie a Soros (il sempre presente complottista di riferimento) alle sperticate lodi che vedono in lei in primis una donna giovane chiamata a guidare un partito democratico ormai allo sfascio e decisamente in crisi di identità.

I giornalisti spocchiosi di centro destra (i vari Sallusti) plaudivano alla vittoria della giovane cittadina di origini italo-svizzere-americane, ironizzando sul fatto che grazie ad Elly il PD finalmente imploderà. E già in giro hanno cominciato a circolare meme e caricature che, nei casi più gentili, mostrano una notevole somiglianza tra il comico Pippo Franco e la nuova Segretaria .

Vero è che, ci si dovesse soffermare al solo abbigliamento, lo stile di Elly appare decisamente un pò sformato e poco elegante. Sembra sempre spettinata e con indosso la prima giacchetta presa a casaccio in un armadio. Del resto anche per il buon Bonaccini, suo super favorito sfidante e super sconfitto, non ha giovato lo stile gerarca fascista da lui (involontariamente) scelto. Sull’aspetto fisico non mi pronuncio, ci stanno già pensando i vari produttori di battute, disegnatori satirici e comici vari (presto l’imitazione di Crozza). Tralascio anche considerazioni su “nasi etruschi” e trasmissioni matrilineari di convinzioni e credi religiosi. Non mi interessano le sue preferenze sessuali che tanto solleticano le fantasie morbose dei benpensanti.

Cosa ho colto “io” da queste primarie e da tutta la fuffa mediatica prodotta? E’ stata scelta la più capace? A giudicare dal CV, pubblicato nel suo blog , non aggiornato dal 2020 (il blog è morto, viva il blog!), sembra aver studiato e fatto esperienze varie, in ambiti anche piuttosto impegnativi (campagna elettorale per Barack Obama, Parlamento europeo, Amministrazione regionale, Camera dei Deputati e anche un pò di cinema alla Veltroni). Dichiara nel documento di trasparenza pubblicato sul sito della Camera di non possedere nulla (niente case, barche, automobili, terreni, nulla di nulla) e di avere un reddito lordo pari a 88.000 € (redditi 2022). Durante la campagna delle primarie le hanno anche rubato lo zainetto con dentro il portatile (bastardi!).

Ma poi si vedrà, alla prova dei fatti, se riuscirà a dare una nuova anima ad un partito in crisi esistenziale. Per lei hanno votato anche le centenarie (il nostro E’ un paese per vecchi) e i non iscritti. Forse a simpatia. Nessuno (o molto pochi) credo abbia letto il suo programma da candidata.Per ogni evenienza lo trovate qui. Mentre lo leggete vado a vedere la nuova serie di Zerocalcare.

chatbottare impunemente

In questi giorni ho trovato un nuovo amico: si chiama ChatGPT (che non è un nuovo modello di autovettura). Non è niente di che, all’apparenza. Si presenta come una pagina web, molto sobria, con una casella (non diversa a quella di un normale motore di ricerca) dove posso scrivere delle domande . E attendere delle risposte. ChatGTP, in realtà, è un sistema di intelligenza artificiale (AI) aperta. Dunque, le domande le può porre chiunque decida di partecipare al gioco e chiunque può contribuire, con le proprie ricerche, ad accrescere le capacità di AI. E’ la banalizzazione di un futuro già presente. Ancora non perfetto, poichè ogni tanto commette errori e non sempre risponde in maniera corretta. Ma ChatGTP apprende ed apprende molto in fretta.

Ho cominciato con una domanda semplice: Dio esiste? E questa è stata la sua risposta:

La domanda sull’esistenza di Dio è una questione filosofica e teologica complessa e dibattuta da secoli. La risposta a questa domanda dipende dalle credenze e dalle convinzioni personali di ciascuno.

Ci sono diverse posizioni filosofiche e teologiche riguardo all’esistenza di Dio. Alcune persone credono fermamente nell’esistenza di un dio o di più dèi, mentre altre non credono affatto o sono incerte sulla questione.

È importante rispettare le credenze e le opinioni degli altri su questo argomento e non cercare di imporre le proprie opinioni agli altri. La ricerca della verità su questioni complesse come queste è un percorso personale e unico per ciascuno di noi.

E’ stato molto diplomatico ed anche un pò democristiano. Non escludo che, riproponendo la domanda tra qualche settimana, mese o anno, la risposta sarà molto più completa, ampia ed articolata.

Possibili conseguenze dello sviluppo ChatGPT? Prevedo la scomparsa di numerose professioni (facile congettura), un significativo incremento della possibilità di scrivere tesi di laurea senza troppo sforzo, più alcuni interrogativi di carattere etico e morale di difficile soluzione che sintetizzerei con una frase di Philip Dick:

“Lo strumento fondamentale per la manipolazione della realtà è la manipolazione delle parole. Se puoi controllare il significato delle parole, puoi controllare le persone che devono usare le parole”.

appuntamenti con il divino

Mi appresto a scrivere queste brevi note mentre in Turchia e Siria il terremoto ha causato oltre 21.000 morti, 5.000 bambini sono rimasti senza famiglia e ancora si scava sotto le macerie. Qui, invece, si parla del Festival di San Remo e ciò mi pone ad una distanza siderale dal dolore del mondo. Dio è cattivo e non ci vuole bene. Specie se sei un rifugiato siriano, avversario di Assad e per mesi ed anni ti sei sciroppato colera, case fatiscenti ed indifferenza generale. Quindi, è giusto che ti prendi un bel sisma. Dio in quelle terre ha un altro nome, è diverso dal nostro ed amministra  la giustizia in altro modo. E, in fondo, non ci importa.  

Il Festival di San Remo, dicevamo. Si ripresenta tutti gli anni, come il Natale e il Ferragosto. Uguale a se stesso e sempre diverso. Ci frantuma i coglioni alcune settimane prima e molte settimane dopo. Finisce. La vita continua. Alcuni non lo guardano e lo dichiarano. Fanno finta. Stupidi supponenti. Chi vi credete di essere? I migliori? Non esistono i migliori.  

Il Festival non impegna, non è utile a niente, non serve. E’ solo un palco, ogni anno più grande e illuminato, che si espande in percentuali di share (quando arriveremo al 100% di ascoltatori verrà inventato un nuovo sistema metrico decimale) e prima o poi quel palco si gonfierà e invaderà tutta la sala e poi sboccherà in strada e, come un blob di lustrini e fiori, fagociterà San Remo, la Liguria, l’Italia, l’Europa e anche un po’ più in là.

Il Festival lo puoi guardare ogni sera, per cinque sere, fino alla finale. Ti puoi iscrivere  al Fantasanremo, partecipare al televoto, stilare le classifiche. Oppure fare come me: vedere la terza serata e solo le prime sedici canzoni. Che poi si fa troppo tardi, sei anziano e devi andare a letto.

Chi mi è piaciuto (in ordine di apparizione).

Rosa chemical. Per il suo look sbarazzino e per aver cantato il primo pezzo allegro dopo Paola e Chiara e Mara Sattei.

Tananai. Per il suo vestito a forma di plaid e per il testo della canzone. Le sue occhiaie erano piene di dolore ed erano così lontane da “Babygoddam” da farmela quasi rimpiangere.

Lazza. Perché lo prenderei a schiaffi per la sua faccia da coglioncello di periferia, ma ha qualche dote. Si atteggia da duro e navigato, ed è solo un dolce paraculo. L’unica cosa importante, infatti, è la MAMMA.

Madame. Per essere diventata donna. E non essersi spostata un centimetro dai suoi vocalizzi.

Elodie. Per essere una super-donna. Che sa cantare.

Mr Rain. Perché è nella stessa comfort zone di Lazza, ma si è  portato sul palco i bambini con l’ala spezzata.

Colapesce e Dimartino. Perché faccio ancora difficoltà a capire chi è l’uno e chi l’altro, ma il loro look da impiegato è la cosa più bella che ci dona questa misera vita.

Gianni Morandi e Sangiovanni. Perché dopo 60 anni “Fatti mandare dalla mamma” suona come fosse stata appena pubblicata.

Quando (e se mai) rileggerò queste futili note saremo cenere.

Vent’anni di anarchia informale (con note a margine)

Correva l’anno 2003 e si era nel mese di dicembre, quando, nel panorma nazionale, faceva la comparsa (ma non se ne sentiva per nulla la necessità) una nuova minaccia eversiva: le F.A.I. (uso il plurale e poi spiego a breve il perchè).

Detta così potrebbe sembrare una cosa molto seria. Ed, in effetti, almeno nelle intenzioni le F.A.I./Cooperativa Artigiana Fuoco e Affini (occasionalmente spettacolare), F.A.I./Brigata 20 luglio, F.A.I./Cellule contro il Capitale, il Carcere, i suoi Carcerieri e le sue Celle F.A.I./Solidarietà internazionale, volevano spaventare il mondo e tutta quella gente brutta e cattiva che opprime i popoli, sguazza in piscine colme di dobloni e pasteggia ad ostriche e champagne. E bum! Subito due belle bombette con cui far esplodere un paio di incolpevoli cassonetti vicino casa di Romano Prodi, all’epoca Presidente della Commisisone europea.

Le F.A.I si presentarono al mondo con una letterina, di cui riporto di seguito il testo, che, oltre ad essere un manifesto programmatico, è un esercizio di stile venato anche di una sottile ironia (la risata dell’anarchico ci seppellirà tutti, belli e brutti). Procediamo (in corsivo i miei commenti vanagloriosi).

Chi siamo: lettera aperta al movimento anarchico ed antiautoritario (non ce l’avrebbero direttamente con noi, ma con gli altri anarchici)

Per superare i limiti delle singole progettualità e per sperimentate le reali potenzialità dell’organizzazione informale, nel nostro caso quella di una federazione di gruppi d’azione o singoli individui, abbiamo dato vita alla Federazione Anarchica informale (una roba semplice, senza dress code). Convinti che solo un’organizzazione priva di centro decisionale, caotica e nello stesso tempo orizzontale dove nessun gruppo o capetto imponga la propria autorevolezza possa soddisfare la nostra necessità di libertà qui e ora. (Hic et nunc. Tale locuzione è adoperata come sintetica quanto aderente espressione della filosofia esistenzialista, per la quale l’uomo è considerato nella fragilità della sua condizione finita).

Miriamo a uno strumento organizzativo che rispecchi in sé la visione della società anarchica per cui lottiamo. Strumento organizzativo quindi non il ricalcare le orme di un partito armato di vecchia memoria, non un’organizzazione finalizzata alla ricerca di adepti: uno strumento, l’organizzazione informale, da utilizzare per testarne l’efficacia, l’effettiva capacità di accrescere qualità e continuità dell’agire rivoluzionario, strumento organizzativo altrimenti inutile e destinato ad autodissolversi. Conciliare organizzazione e dibattito teorico/pratico con l’anonimato di gruppi/singoli è possibile mediante un dialogo diffuso attraverso le azioni: che oltre ad apportare il loro specifico discorso distruttivo veicolano anche altri messaggi (attraverso modalità e mezzi utilizzati, obiettivo comunicazione) indipendentemente dai danni materiali. Tutto ciò nella consapevolezza che non sarà certo una minoranza, per quanto bene armata, a fare la rivoluzione, ma decisi a non posticipare la nostra insurrezione in attesa che tutti siano pronti: convinti, oggi come sempre, che il più semplice fatto diretto contro le istituzioni, comunichi meglio che non migliaia di parole. (diabolici!)

FEDERAZIONE perché ne amiamo il senso di ramificazione diffusa e orizzontale: federazione di gruppi o singoli, donne e uomini, liberi ed uguali accomunati dalle pratiche di attacco al dominio, consci del valore del mutuo appoggio e della solidarietà rivoluzionaria come strumenti di liberazione. Intendiamo la federazione come rapporti stabili nel tempo, ma allo stesso tempo fluidi (il povero, nella vita liquida, cerca di standardizzarsi agli schemi comuni, ma si sente frustrato se non riesce a sentirsi come gli altri, cioè non sentirsi accettato nel ruolo di consumatore. In tal modo, in una società che vive per il consumo, tutto si trasforma in merce, incluso l’essere umano n.d.t), in continua evoluzione grazie all’apporto di idee e pratiche dei nuovi gruppi o individui che decideranno di farne parte. Pensiamo ad un’organizzazione non democratica: senza assemblee plenarie, rappresentanti, delegati o comitati, priva di tutti quegli organi che favoriscono la nascita di leader, l’emergere di figure carismatiche o l’imposizione di specialisti della parola. La comunicazione si baserà sul dibattito orizzontale e anonimo, prodotto dalla pratica stessa (rivendicazione delle azioni) e dalla diffusione di teorie tramite gli strumenti informativi del movimento, in sintesi nell’eliminazione dell’assemblea sostituita dal dibattito orizzontale-anonimo tra gruppi/singoli comunicanti attraverso la pratica stessa. La federazione è la nostra forza, la forza di gruppi/singoli che si sostengono nell’azione, attraverso un patto di mutuo appoggio ben definito.

Chi è più pazzo, il pazzo o il pazzo che lo segue? (Obi-Wan Kenobi)

ANARCHICA perché vogliamo la distruzione dello stato e del capitale per vivere in un mondo in cui “domini” la libertà e l’autogestione, dove sia possibile ogni tipo di sperimentazione sociale che non comporti lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e dell’uomo sulla natura. Radicalmente avversi a qualunque cancro marxista, sirena incantatrice che incita alla liberazione degli oppressi ma in realtà macchina incantatrice che schiaccia la possibilità di una società liberata per sostituire un dominio ad un altro.

«Or dì a fra Dolcin dunque che s’armi,
tu che forse vedra’ il sole in breve,
s’ello non vuol qui tosto seguitarmi,
sì di vivanda, che stretta di neve
non rechi la vittoria al Noarese,
ch’altrimenti acquistar non saria leve».
(Inf. XXVIII, 55-60)

INFORMALE non avendo nessun tipo di concezione avanguardista e non sentendoci neppure parte di un’illuminata minoranza agente, ma volendo semplicemente vivere ora e subito il nostro anarchismo, abbiamo ritenuto l’organizzazione informale, quindi l’informalità, l’unico strumento organizzativo che ci potesse garantire da meccanismi autoritari e burocratizzanti salvaguardando la nostra indipendenza come gruppi/singoli e garantendoci un certo margine di resistenza e continuità nei confronti del potere. La Federazione Anarchica Informale pur mettendo in pratica la lotta armata rifiuta la concezione che si basa su monolitiche organizzazioni, strutturate in maniera “classica”: basi, regolari-irregolari, clandestinità, colonne, quadro dirigenti, enormi necessità di denaro. Strutture a nostro parere facilmente intaccabili dal potere: è sufficiente il classico infiltrato o delatore (potete scegliere tra Er Monnezza, se amate il tipo un pò sporco e volgarotto, oppure Dwayne Johnson se,invece, vi piacciono i tipi palestrati) per far cadere come un castello di carte l’intera organizzazione o gran parte di questa. Diversamente in un’organizzazione informale costituita da 1000 singoli o gruppi che non si conoscono fra loro (piuttosto, si riconoscono attraverso le azioni compiute e il patto di mutuo appoggio che li lega) malaugurati casi di infiltrazione o delazione rimangono circoscritti al singolo gruppo, senza espandersi. Inoltre chi fa parte della Federazione Anarchica Informale ne è militante a tutti gli effetti solo nel momento specifico dell’azione e della sua preparazione (si può essere anarchici part time, ma anche in smart working), non investe l’intera vita e progettualità dei compagni, ciò permette di mettere definitivamente in soffitta ogni specialismo lottarmatista (sic). Una volta radicati il potere troverà enormi difficoltà a distruggerci.

Perché, mentre il manganello può sostituire il dialogo, le parole non perderanno mai il loro potere; perché esse sono il mezzo per giungere al significato, e per coloro che vorranno ascoltare, all’affermazione della verità. E la verità è che c’è qualcosa di terribilmente marcio in questo paese. Oopps m’è scappata la citazione fumettistica, così, a capocchia

Il patto di mutuo appoggio è il motore della Federazione Anarchica Informale e si incentra su 3 punti chiave che diventano vincolanti qualora venga condivisa l’impostazione rivoluzionaria anarchica sopracitata, quindi, quando singoli/gruppi scelgono di divenire parte della Federazione Anarchica Informale:

  1. SOLIDARIETA’ RIVOLUZIONARIA. Ogni gruppo d’azione della Federazione Anarchica Informale si impegna a dare la propria solidarietà rivoluzionaria ad eventuali compagni arrestati o latitanti. La solidarietà si concretizzerà soprattutto attraverso l’azione armata, attacco a strutture e uomini responsabili della detenzione del compagno. (qui il gioco si fa duro: i cassonetti sono avvertiti) Non sussiste l’eventualità di mancata solidarietà perché verrebbero meno i principi su cui il vivere e il sentire anarchico si basa. Per appoggio nella repressione non si intende ovviamente quello di carattere di assistenza tecnico/legale: la società borghese offre sufficienti avvocati, assistenti sociali o preti, perché i rivoluzionari possano occuparsi di altro. (Aggiungerei anche, per soprannumero, che i detenuti anarchici saranno mantenuti a spese dei contribuenti distogliendo risorse finanziarie che potrebbero essere destinate, invece, all’edilizia scolastica, all’educazione, all’occupazione giovanile, all’assistenza sanitaria pubblica, all’accoglienza dei migranti ecc. ecc.)
  2. CAMPAGNE RIVOLUZIONARIE. Ogni gruppo o singolo una volta iniziata una campagna di lotta attraverso azione e conseguente comunicato verrà seguito dagli altri gruppi/singoli della Federazione Anarchica Informale secondo i propri tempi e modalità. Ogni singolo/gruppo può lanciare una campagna di lotta su obiettivi particolari semplicemente “promuovendo” il progetto attraverso una o più azioni accompagnate dalla firma del singolo gruppo d’azione a cui si aggiunge il richiamo alla federazione nella sigla. Se una campagna non viene condivisa, se ritenuto necessario, la critica si concretizzerà attraverso le azioni/comunicati che contribuiranno a correggerne il tiro o a metterla in discussione. (la griffe)
  3. COMUNICAZIONE TRA GRUPPI/SINGOLI. I gruppi d’azione della Federazione Anarchica Informale non sono tenuti a conoscersi tra di loro, non sussiste la necessità ove altrimenti si rischierebbe di offrire il fianco alla repressione, a leaderismi dei singoli ed alla burocratizzazione. La comunicazione tra gruppi/singoli avviene essenzialmente attraverso le azioni stesse e attraverso i canali informativi di movimento senza la necessità di conoscenza reciproca. (insomma una specie di enorme WuMing ).

F.A.I./Cooperativa Artigiana Fuoco e Affini (occasionalmente spettacolare)

F.A.I./Brigata 20 luglio

F.A.I./Cellule contro il Capitale, il Carcere, i suoi Carcerieri e le sue Celle

F.A.I./Solidarietà internazionale

e per finire, il colpo di genio:

P.S.: Ogni riferimento alla FAI-Federazione autotrasportatori italiani, alla FAI-Federazione Anarchica Italiana e al FAI Fondo Italiano per l’Ambiente è puramente casuale, ci scusiamo con gli interessati.

Miti morti o morti miti?

John Winston Ono Lennon è morto ammazzato l’ 8 dicembre 1980. Ma è ancora qui tra noi che scrive post sul suo profilo ufficiale su facebook e su instagram. Questa cosa mi fa una certa impressione. Lo so perfettamente che non è lui a scrivere. C’è qualcuno che rimodula frasi, tira fuori fotografie, ricorda, commenta e suggerisce. E lo fa per suo conto ed in suo nome. Soprattutto per mantenere viva la memoria (e continuare a fare soldi, suppongo). E’ un modo per perpetuare il mito, anche se tutto ormai si è compiuto e 42 anni sono passati come un lampo. Accostare il passato al presente, a volte, può produrre degli effetti curiosi.

L’altro giorno, ad esempio, stavo scrollando sul mio cellulare in cerca di qualche “illuminazione” quando sono apparse in sequenza le seguenti immagini. Prima questa:

E poi questa:

Che dire? Che gli idoli si rinnovano? Che la gioventù sopravanza? Che questa foto dei Maneskin tra 42 anni assumerà un altro significato? Che a volte si bazzicano le stesse strade, con esiti diversi? Ma soprattutto John Lennon commenterà ?