25 agosto

Che succede lì fuori? Ci sarebbero, in ordine sparso: un conflitto che va avanti da sei mesi in Ucraina (ed è la prima guerra in formato Tik Tok in cui i combattenti pensano di essere in un videogioco. Dove, però, si muore davvero); una campagna elettorale che durerà ancora un mese ed ha già raggiunto punte imbarazzanti (e anche un pò disgustose); gente che continua ad ammazzarsi per futili motivi, tra investitori stradali, femminicidi e pestaggi di varie forme e colori; un “Jova beach party” quasi in conclusione, nato per far divertire e ballare la gente, ma divenuto terreno per scontro politico assurdo (considerato che le spiagge italiane sono oggetto di sfruttamento ormai decennale e di naturale ci è rimasto ben poco); il tagliando della mia macchina (40mila chilometri); il fatto che ancora non siamo certi dell’esistenza di altre forme di vita nello spazio.

All day long on the chaise longue

Sono alcuni giorni che ho scoperto, per caso, le sonorità delle “Wet leg”, duo inglese esploso quest’estate. Sono ironiche, toste, arrapatissime, disincantate e molto esplicite. In un parola mi piacciono molto. Si sente che si divertono a fare musica. Che si mettono in gioco, che raccontano sé stesse, ma anche, al contempo, il mondo che ci circonda. Auguro loro molteplici orgasmi ed una ricchissima carriera. (PS: sono già in tour per il mondo a promuovere il loro album di debutto)

concerti

Che questo fosse l’anno buono per la ripresa degli spettacoli musicali, lo si è capito fin dalle prime battute: è stato un rifiorire di tour, comunicati stampa, video, foto, ringraziamenti, applausi e qualche strumentale polemica (più o meno grossa). Poiché sono un uomo di qualità, le mie scelte si sono appuntate sui seguenti artisti: Mannarino, Raphael Gualazzi, Vinicio Capossela e Paolo Nutini (tutti italiani, a parte l’ultimo).

Dalle loro performance ho tratto generale beneficio, elevazione spirituale e buon umore. Sono artisti diversi e dotati di grande talento. Mannarino mi affascina per le sue ritmiche (ed è stato il primo concerto senza mascherine); Gualazzi è un virtuoso del piano e riesce anche a reinterpretare i brani degli altri portando nuova luce; Capossela affabula e si destreggia tra cappelli, barbe e nostalgie; Nutini esplode per rabbia, grinta e voce unica.

Insomma, una bella estate, per davvero. Grazie, vi amo a tutti quanti.

Leggere Dostoevskij in riva al mar

Già per scrivere il titolo di questo post mi sono dovuto impegnare perchè, manco a farlo apposta, non ero poi così sicuro della corretta ortografia del cognome dell’autore russo. Fatta questa doverosa premessa, come lettura estiva per quest’anno, ho scelto sul mio e-book le opere di Teodoro che assommano, almeno così c’è scritto sul display, ad oltre quattromila pagine. Salute.

Salute mentale, soprattutto. Per iniziare ho aggredito “Delitto e castigo” di cui serbavo reminiscenze adolescenziali nebulose. Ovvero non ricordavo un’emerita ceppa, tranne la sensazione di sofferenza di una lettura complessa ed articolata, dove i patronimici dei protagonisti, così pieni di v,k,n,l,j, rendevano il panorama ancora più terrificante. Adesso, più avanti negli anni, ho affrontato l ‘impresa con nuovo spirito, scegliendo di leggere in vacanza sulle spiagge elleniche. Teodoro si concilia con le cicale, i pini marittimi ed il blu delle acque del Mare Ionio?

Nulla di più distante, in special modo per ciò che riguarda la sordida e molto zozza umanità descritta dall’autore. Pietroburgo non è Lefkada. E meno male. Ma per quanto ci sia distanza (temporale e geografica), l’autore russo continua a mantenere un suo fascino, grazie alla sua capacità di descrivere le pieghe dell’animo umano, i suoi contorcimenti (notevoli) e la ricerca filosofica di una verità suprema. Sicchè, tra un saganaki ed un cocorizo, mi sono calato in una drammaturgia che si dipana e intorcina e si allunga e si postilla, cercando di non perdere il filo. Non è facile, ci vuole concentrazione poichè Teodoro è russo fin nel midollo e l’anima russa è complessa, febbricitante e superlativamente sordida (come già aggettivato poco sopra). I temi affrontati hanno una valenza generale e sono attuali, tutt’ora. Ci si dibatte tra ateismo, socialismo, costumi sociali, Kafka e superominismo. L’idea di fondo di distinguere il mondo in due grandi categorie: i “normali” che seguono le leggi ed ubbidiscono in maniera quasi meccanica e gli “eccezionali” che, invece, rompono gli schemi poiché dotati di capacità e conoscenze superiori e come tali non incasellabili nelle norme ordinarie (e, dunque, anche autorizzati a commettere delitti per il progresso dell’umanità) ha un suo fascino discreto (e nazisticamente messo in pratica qualche decennio dopo).

Al momento sono ancora al “delitto”, ma non tarderà ad arrivare il “castigo”. La salvezza attraverso la sofferenza (ce n’è tantissima). Ogni tanto sollevo la testa e guardo il mare.

Miti morti o morti miti?

John Winston Ono Lennon è morto ammazzato l’ 8 dicembre 1980. Ma è ancora qui tra noi che scrive post sul suo profilo ufficiale su facebook e su instagram. Questa cosa mi fa una certa impressione. Lo so perfettamente che non è lui a scrivere. C’è qualcuno che rimodula frasi, tira fuori fotografie, ricorda, commenta e suggerisce. E lo fa per suo conto ed in suo nome. Soprattutto per mantenere viva la memoria (e continuare a fare soldi, suppongo). E’ un modo per perpetuare il mito, anche se tutto ormai si è compiuto e 42 anni sono passati come un lampo. Accostare il passato al presente, a volte, può produrre degli effetti curiosi.

L’altro giorno, ad esempio, stavo scrollando sul mio cellulare in cerca di qualche “illuminazione” quando sono apparse in sequenza le seguenti immagini. Prima questa:

E poi questa:

Che dire? Che gli idoli si rinnovano? Che la gioventù sopravanza? Che questa foto dei Maneskin tra 42 anni assumerà un altro significato? Che a volte si bazzicano le stesse strade, con esiti diversi? Ma soprattutto John Lennon commenterà ?