Nove anni con wordpress

WordPress mi ricorda che ho aperto il mio blog dalle sue parti nove anni fa. Anche se prima ancora c’era un altro blog gestito da un’altra entità astratta (perso per sempre) , sono stati nove anni di bricioline gettate alle spalle. Ogni tanto (raramente) vado a rileggere qualcosa e mi assesto grandi pacche sulle spalle (che bravo, che arguzia, che pensieri profondi!)

E penso a quanto sprechiamo senza neanche voltarci indietro.

Guardare film di guerra alle due di notte

Certo che noi uomini siamo strani. Ci piacciono i film di guerra. Io, in particolare, li trovo terapeutici. Specie quelli del filone sulla seconda guerra mondiale. Sarà colpa delle mie letture giovanili, quando mi appassionai al libro sul D-day scritto da Cornelius Ryan (il 23 novembre saranno passati 46 anni dalla sua morte). Il suo era un reportage con le testimonianze di 383 persone che parteciparono all’invasione su entrambi i fronti: vinti e vincitori. Storie di persone accomunate da destini tragici, eroici e paradossali. In fondo un pò come la vita, spinta alle sue estreme conseguenze.

Tanto ci ammazzano qui! Quindi tanto vale andare a morire un po’ più avanti!

DecorGeco

Alla fine hanno preso GECO. Quello che ha riempito metri quadri di muri con la sua tag. Sempre quella, sempre uguale. GECO,GECO,GECO,GECO. Ovunque. Un’ossessione. GECO ti guarda, GECO ti sfida, GECO se ne impipa, GECO ti ricorda che esiste. Anche se non ha un volto (adesso, però, ha un’identità) e non comunica granchè.

E’ arte? E’ provocazione? E’ Vandalismo? E’ libertà di epressione?

Già si dividono le schiere tra i “GECO libero” e i “GECO in galera”. Tra il “decoro” e il “non ci avrete mai come volete voi”. Stanno cominciando a scomodare illustri graffitari (Keith Haring in primis, poareto). Ma, a mio modesto avviso, il paragone non tiene.

GECO, GECO, GECO. Lo ripeti all’infinto e perde di significato.

1947

tutto si muove vibrante, senza stabilità e senza meta, perché ogni possibilità è ancora aperta

Ho iniziato a leggere un libro S-P-E-T-T-A-C-O-L-A-R-E: “1947” di Elisabeth Åsbrink. Che parla di un anno chiave per il mondo, in cui sono successe così tante cose, si sono incastrati così tanti destini, si sono prese decisioni di cui viviamo le conseguenze oggi.

E su tutto domina il tempo, scandito per mesi, per eventi, per dettagli, per sovrapposizioni.

Adesso, dopo la fine della guerra, tutti vanno in cerca di orologi da polso – c’è chi li ruba, chi li nasconde, chi li dimentica, chi li perde. Il tempo rimane incerto. Quando sono le otto di sera  a Berlino, a Dresda sono le sette e a Brema invece le nove. Nella zona russa vige il fuso orario russo, mentre nella propria parte di Germania gli inglesi introducono l’ora legale. Se qualcuno chiede l’ora, i più rispondono di non sapere che fine abbia fatto. L’orologio, intendono. Oppure vogliono dire il tempo?”