Consuelo (racconti d’amore mai scritti)

Come ti amo, Consuelo. Con i tuoi occhi belli e le movenze da gatta. Consuelo. Che nome dolce, che dolce consolazione. Poco più di un riflesso in acque calme. Un giorno di nebbia e sospensione. Consuelo non ti voglio raccontare la mia vita, non voglio annoiarti mentre ci abbracciamo. Viviamo di sottintesi. Se riusciamo a capirci con uno sguardo a che servono le parole?

Ti guardo mentre sorridi o bevi una tazza di tè. Quando ogni minuto sembra importante, ma sfugge inesorabile. Ho paura che questo incanto sia troppo breve, ma comunque va vissuto. In fondo siamo solo un rapido passaggio, poco meno di ombre vanitose.

Consuelo, vorrei, vorrei tanto.

Natale di periferia

Sono in una terra di mezzo tra il terrapieno della ferrovia e i palazzoni di cemento. Quelli grigi e alti dell’edilizia popolare. Quelli in cui la gente è stata messa dentro per far finta che fossimo tutti uguali. La gente del quartiere invece è viva. Non si scansa o si tiene in immobile mutismo. La gente (soprattutto anziani) parla e commenta e tira giù i santi. Ma è anche capace di sorridere e donare saggezza.

Auguri a tutti voi. Buone Feste.

Gattitudine

Nina è la mia gatta. O meglio dovrei dire io sono il suo umano. In questi tre anni in cui ci siamo frequentati ho avuto modo di apprezzare la sua intelligenza, la sua bellezza e la sua sensibilità. È una gatta curiosa che segue tutto ciò che accade in casa con molta attenzione. Non le sfugge nulla. Apri un cassetto? Due minuti dopo Nina è nel cassetto. Prepari da mangiare? Nina ti osserva. Ti sdrai sul letto per riposare? Nina si installa su di te.

Finirò per assomigliarle. Sarei bellissimo.

Tornarci sopra

Mi è capitato di riprendere in mano un libricino che conservo nella libreria di casa: “la prima sorsata di birra” di Philippe Delerm. Che probabilmente ho letto almeno 18 anni fa. È utile scrivere le date sulla pagina interna di un libro. Aiuta a porsi delle domande invariabilmente legate al passare del tempo. Non so come all’epoca decisi di comprarlo. Forse mi aveva incuriosito il titolo. Forse avevo letto una recensione. Ad ogni modo mi aveva fatto compagnia per un po’. Per scivolare via, accantonato. Come accade spesso con le persone. Come accade con ciascuno di noi che riempiamo la valigia della nostra vita di tanti piccoli oggetti e sensazioni. Affastelliamo tesori o cose insulse, senza aver poi tanto interesse a capire veramente di cosa siamo fatti, di cosa nutriamo il nostro spirito. Adesso lo sto rileggendo quel libro e mi vengono in mente paragoni, episodi e anche suggestioni che non c’entrano nulla. Sì, certo in diciotto anni si cambia, eccome.

Divano

C’è un momento sospeso, giusto, meritato. Quello in cui ti stendi sul divano nel tardo pomeriggio. Sei solo, con un bicchier di vino e le luci dell’albero (solo quelle) che ti fanno compagnia. È quel momento in cui liberi il cervello e ti accorgi di occupare uno spazio. Il divano non ti chiede nulla e nulla vuole in cambio. Ti accoglie, ti sostiene. Il divano: lui sì che mi capisce.