Sono anni che pubblico foto varie sul mio profilo Instagram: foto di luoghi, vacanze, arte, cultura, nani e ballerine. E niente, mia figlia ,senza pubblicare nulla, ha più follower di me.
Vado a suicidarmi.
Sono anni che pubblico foto varie sul mio profilo Instagram: foto di luoghi, vacanze, arte, cultura, nani e ballerine. E niente, mia figlia ,senza pubblicare nulla, ha più follower di me.
Vado a suicidarmi.
Indipendenza da qualcosa: dagli orsi che scappano, dai ciechi che parlano, dai giornalisti che fanno la ruota, dai carabinieri che delinquono, dai figli che muoiono prima dei genitori, dai migranti che annegano, dai…
E dai e dai .
Nel vano tentativo di esprimere alti concetti che possano essere trasformati in brillanti citazioni mi è chiaro un semplice principio: tanto più si cerca di volare alto, tanto meglio è restare basso, quasi a livello di terra. Mi dedico al giardinaggio.
Non lo faccio quasi mai, un pò per scaramanzia, un pò per pigrizia, ma ogni tanto aggiorno i link agli altri blog che un pò seguo e un pò no. Gente lontana, sconosciuta, distratta, disordinata, creativa, incerta, emotiva. Gente che mi ha fatto compagnia, che ha condiviso un diario, una traiettoria breve o un’emozione. Che, poco a poco, si è lasciata andare e non ha coltivato più il suo piccolo orticello virtuale. Peccato, vi voglio bene lo stesso anche se vi siete persi nel mondo e non aggiornate più i vostri sogni.
Questo fine settimana, armati della migliore buona volontà, io e l’amore mio abbiamo organizzato una “tre giorni” per festeggiare il compleanno di nostra figlia. Quattordicenne. Il che si è sostanziato nell’invitare 10 amici/compagni/conoscenti/fidanzati, equamente distribuiti per sesso, estrazione sociale, preferenze alimentari, credo politico e religioso e interesse nei confronti della vita. L’esperimento ha funzionato abbastanza bene. Nel senso che li abbiamo accampati in tenda in giardino e poi se la sono sbrigata tra loro, cercando di evitarci (a noi adulti) come fossimo una malattia infettiva.
I get lockdown/ but I get up again
Quanto me piace Banksy !!!
Io la sera ho bisogno delle candele accese, di un refolo di vento, di un bicchiere di bianco, del vociare basso dei vicini, dell’abbaiare di cani in lontananza, del litigar di gatti, dell’assenza di me stesso.
Di giovanile mi è rimasto solo Hermann Hesse. Ma anche Prevert e i suoi fiammiferi, Goethe e i suoi dolori, Poe e i suoi gatti neri, Silone e i suoi cafoni, Camus e la sua peste. Calvino, Buzzati e Sciascia. Il futurismo, le leggerezze dell’essere e Dio solo lo sa quanto poi si cresce in fretta.
In un certo senso, lo scorso weekend mi sono riconciliato con me stesso. Ho trascorso belle ore in un agriturismo sperso tra i campi, con uccellini, grilli, fiori, cani e luna piena.
In un certo senso e per paradosso, la pace dei giorni scorsi stride con le rotture di balle legate all’inizio della settimana. Non ce l’ho con il prossimo, ma è che mi sento molto come il tizio a sinistra nella foto.
Fa caldo? Fa caldo. È luglio? È luglio. Si va al mare? Si va al mare. È uscito il tormentone? Ancora no (per adesso).