storie di ordinaria falsità

In questi giorni mi sto appassionando a seguire le vicende (tutte romane) legate alla realizzazione delle piste ciclabili. In particolare, la storia che reputo emblematica è quella della ciclabile sulla Via Nomentana. Strombazzata nel lontano 1990 dalla giunta Carraro ad oggi, nonostante l’alternarsi di centro, destra, sinistra e frattaglie varie … non è stata mai realizzata. I costi previsti erano 117.000 euro ai tempi di Veltroni, 800.000 ai tempi di Alemanno, 1.800.000 con Marino. Ma ancora niente. Nonostante promesse, incontri, finti interessamenti, prese di posizone, flashmob e petizioni varie.

Poi qualcuno va in giro dicendo che questo Paese si muove.

Per chi volesse approfondire e fare un viaggio nell’ordinaria follia trova tutto qui:

https://ciclabilenomentana.wordpress.com/

Marco (per niente)

Gli articoli di giornale, le interviste, i numerosi coccodrilli e Piazza Navona piena hanno consegnato alla storia un’evidente dissociazione collettiva tra ciò che ha rappresentato Marco Pannella (più che il Partito radicale) e i concreti risultati elettorali raggiunti in 60 anni di storia dal suo ondivago e dissolto Partito (il nulla). Ovvero, a parole siamo tutti bravi, progressisti e sempre avanti, ma poi, nei fatti, si vota qualcun altro: quello che ti promette (o fa)  i favori migliori.

Altro che il pane e le  rose. Qui se pensa solo a magnà …

mostri in salsa cinese

L’altra sera, con li piccini, abbiamo visto il “Regno di Wuba”. Che, a giudicare dal trailer e dalla  colorata locandina stile pupazzi gommosi, prometteva un pò di spensierato divertimento animato. Invece, sono quasi due ore di sconclusionate cineserie in salsa splatter con uomini incinti di mostri (altro che unioni civili !), mostri   sbudellati e serviti per cena ed umorismo (?) macabro che neanche ai tempi di Indiana Jones e del cervello di scimmia per dessert. E soprattutto una roba che non fa ridere.

Neanche un pò.

vecchi loghi

La cosa bella di Instagram, quando fu proposto, nell’ormai remoto 2010, era il suo aspetto retrò in un mondo ipertecnologico e super veloce (e anche molto freddo). Insta è una “cazzatina” di per sé: aggiungere un filtro ad una foto scattata nel 2016 per farla apparire con una patina antica, tipo foto instamatic del 1970, non è nulla di sconvolgente o non merita il premio Nobel. Ma evidentemente deve aver colpito l’immaginario collettivo. Io, ad esempio, uso Insta come landmark delle mie giornate e devo dire che funziona. Mi fa sentire meno disperso nel gelido sistema solare. Ora per dire, la nuova icona di Insta, introdotta alcuni giorni orsono, ha tradito in pieno lo spirito della app.

Complimenti agli “innovatori”.

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sciocchezze uguali e contrarie

Se c’è stato un anno “brutto” in Italia, credo che il 1978 possa aspirare ai primi posti. Strategia della tensione, lotta armata, lotta continua, sinistra extraparlamentare, processi popolari, rapimenti, uccisioni hanno marcato  una breve stagione dolorosissima. Che ha conosciuto il suo apice il 9 maggio 1978 con il ritovamento del corpo di Aldo Moro in via Caetani. A distanza di tempo, dissolto il collante ideologico,  di quei termini, di quel linguaggio non è rimasto più nulla. Sono rimaste, invece, le pietre tombali (fisiche) e l’elaborazione mitologica di chi ci ha rimesso la pelle ad opera dei sopravvissuti. L’ “interramento” procede lento e sicuro, poichè i protagonisti spariscono e le necessità odierne sono altre. Ma nel profluvio di ricordi,  riemersi un pò a vanvera, in questi giorni mi ha fatto riflettere l’appaiamento tra Peppino Impastato  (figlio di “mafiosi”) e Aldo Moro (democristiano). La “glorificazione” di Peppino è “postuma”, suo malgrado. Non credo che le sue parole diffuse con Radio Aut (98.800 mhz) a Terrasini,  all’epoca, possano aver avuto quella risonanza nazionale e simbolica consegnata DOPO alla storia con il film “I cento passi” e la canzone dei Modena City Rumblers. Se avesse potuto disporre di un canale youtube, di un profilo facebook o al limite di un blog, i radio messaggi di Peppino si sarebbero diffusi in maniera virale e con diversa forza ed impatto. La mitizzazione di Peppino ha seguito, invece, un percorso diverso,  lungo, complesso e guidato perchè altri si sono fatti carico della sua storia. Al punto da farlo assurgere a personaggio non minore, simbolo della resistenza alla mafia e da questa distrutto. Sulla tomba di Peppino Impastato ci sono scritte queste parole: “Rivoluzionario e militante comunista assassinato dalla mafia democristiana”. I mandanti del suo omicidio sono consegnati per sempre alla storia. Ma ne siamo così sicuri? Sulla tomba di Aldo Moro non c’è scritto nulla. Solo il suo nome. Una pietra squadrata, all’interno di una cappella. La “mitizzazione” di Moro  è stata meno esplicita, anche in considerazione del suo ruolo e di tutte le indagini, versioni e controversioni, depistaggi, letture e controletture (a destra e sinsitra) legate al suo caso. Aldo Moro è stato ucciso dalle Brigate Rosse (ne siamo così sicuri?) e le sue parole, i suoi scritti sono ancora lì a ricordare una storia di pensiero e libertà in un momento delicato nella storia del nostro paese. C’è una foto di Sandro Pertini  (che tanto piace ai finti indignati odierni) che rende omaggio  a quella tomba. Alla tomba di un democristiano.

A me piace pensare che Peppino ed Aldo siano in qualche posto, insieme, adesso. Senza simboli, senza bandiere, senza parole messe addosso a loro da altri.

 

decidere di non esserci

Il virus dell’onestà si sta diffondendo lento, ma inesorabile. E gli effetti sono tangibili” Mi sembra di essere tornati ai tempi della Prima Repubblica quando, dopo le elezioni, i faccioni politici dichiaravano di aver vinto (sempre e comunque). Qui non si è ancora votato, ma le parole virgolettate sono di Beppe Grillo a commento del fatto che  il M5S ha presentato liste certificate solo in 251 comuni su oltre 1300 realtà che vanno al voto. Ovvero il M5S sarà presente con propri candidati solo nel 18% dei Comuni interessati al voto.

Ovvero gli onesti sono estinti (o non piacciono al leader).