Se c’è stato un anno “brutto” in Italia, credo che il 1978 possa aspirare ai primi posti. Strategia della tensione, lotta armata, lotta continua, sinistra extraparlamentare, processi popolari, rapimenti, uccisioni hanno marcato una breve stagione dolorosissima. Che ha conosciuto il suo apice il 9 maggio 1978 con il ritovamento del corpo di Aldo Moro in via Caetani. A distanza di tempo, dissolto il collante ideologico, di quei termini, di quel linguaggio non è rimasto più nulla. Sono rimaste, invece, le pietre tombali (fisiche) e l’elaborazione mitologica di chi ci ha rimesso la pelle ad opera dei sopravvissuti. L’ “interramento” procede lento e sicuro, poichè i protagonisti spariscono e le necessità odierne sono altre. Ma nel profluvio di ricordi, riemersi un pò a vanvera, in questi giorni mi ha fatto riflettere l’appaiamento tra Peppino Impastato (figlio di “mafiosi”) e Aldo Moro (democristiano). La “glorificazione” di Peppino è “postuma”, suo malgrado. Non credo che le sue parole diffuse con Radio Aut (98.800 mhz) a Terrasini, all’epoca, possano aver avuto quella risonanza nazionale e simbolica consegnata DOPO alla storia con il film “I cento passi” e la canzone dei Modena City Rumblers. Se avesse potuto disporre di un canale youtube, di un profilo facebook o al limite di un blog, i radio messaggi di Peppino si sarebbero diffusi in maniera virale e con diversa forza ed impatto. La mitizzazione di Peppino ha seguito, invece, un percorso diverso, lungo, complesso e guidato perchè altri si sono fatti carico della sua storia. Al punto da farlo assurgere a personaggio non minore, simbolo della resistenza alla mafia e da questa distrutto. Sulla tomba di Peppino Impastato ci sono scritte queste parole: “Rivoluzionario e militante comunista assassinato dalla mafia democristiana”. I mandanti del suo omicidio sono consegnati per sempre alla storia. Ma ne siamo così sicuri? Sulla tomba di Aldo Moro non c’è scritto nulla. Solo il suo nome. Una pietra squadrata, all’interno di una cappella. La “mitizzazione” di Moro è stata meno esplicita, anche in considerazione del suo ruolo e di tutte le indagini, versioni e controversioni, depistaggi, letture e controletture (a destra e sinsitra) legate al suo caso. Aldo Moro è stato ucciso dalle Brigate Rosse (ne siamo così sicuri?) e le sue parole, i suoi scritti sono ancora lì a ricordare una storia di pensiero e libertà in un momento delicato nella storia del nostro paese. C’è una foto di Sandro Pertini (che tanto piace ai finti indignati odierni) che rende omaggio a quella tomba. Alla tomba di un democristiano.
A me piace pensare che Peppino ed Aldo siano in qualche posto, insieme, adesso. Senza simboli, senza bandiere, senza parole messe addosso a loro da altri.