Fury (un firm de guera)

L’altra sera (un pò di sere fa per l’esattezza) c’avevo “l’inzonnia” e mi sono messo a vedere il film “Fury” in streaming (bella cosa lo streaming). “Fury” è un film di guerra (a me piacciono i film di guerra) ambientato durante la seconda guerra mondiale, negli ultimi giorni fatali dell’invasione della Germania da parte delle forze alleate, ed è incentrato sulle figure di 5 carristi USA impegnati in una missione disperata ed eroica. “Fury” ha dentro tutto il carico di violenza, orrore, disgusto, machismo, sacrifico (anche inutile) tipico del genere. Si spara molto, si ammazza molto, si muore molto. Come tutti i film  americani dedicati a quel periodo la visione che viene proposta è accettare ogni forma di atrocità poichè “noi” siamo le forze del bene che combattono contro le forze del male. E gli americani, in fatto di armi, sono esperti da sempre (e c’è sempre molto da imparare su come si ammazzano tra loro a casa loro). Alla fine della visione (i titoli di coda sono molto belli) mi sono posto la domanda: “Fury” è un film necessario? Dopo aver visto “Salvate il soldato Ryan”, “La sottile linea rossa”, “La caduta” e la serie “Band of brothers” ha forse aggiunto qualcosa di nuovo? La risposta è no, a parte vedere la guerra attraverso la feritoia di un carroarmato.

astio & veleno

L’Huffington post (italiano) è una roba dove scrive veramente chiunque. Basta fermare un/a tizio/a per strada e chiedergli se vuole scrivere un pezzo e il gioco è fatto. Più che una testata giornalistica sembra uno sfogatoio per gente repressa (e i titoli sono sempre cubitali e sparatissimi). Lo sa bene una tal Deborah Dirani, sconosciuta ai più. Chi è costei? Ecco come  si presenta:  “Giornalista professionista fieramente precaria da un decennio, in realtà voleva fare la professoressa di latino. In perfetta coerenza con se stessa, dopo la laurea in Lettere, ha quindi frequentato un master in giornalismo. In attesa di cambiare idea per l’ennesima volta, decidendo cosa fare da grande, ha scritto di cronaca nera per Il Resto del Carlino e il Corriere di Bologna. Attualmente collabora con Il Sole 24 Ore.
I diritti delle donne e degli ultimi del mondo sono la sua fissazione: è per loro che scrive convinta che possa più la penna che la spada“. (In grassetto le parole chiave che consentono di capire le reali motivazioni esistenziali di questa persona). Di quale indicibile reato si è macchiata costei (a mio modesto giudizio)? Di aver scritto un pezzo livorosissimo nei confronti di Jovanotti, reo di aver fatto alcune personali considerazioni sul fatto di lavorare  aggratiss e fare esperienza in gioventù. Il “capolavoro” giornalistico è qui e rientra nella categoria: “dico male di tizio affinchè qualcuno noti la mia esistenza”. Il pezzo della Dirani è una tirata incredbile contro lo “sfruttamento” del lavoro (al punto da far apparire i gggiovani come degli assetati di denaro, denaro, denaro, denaro) ed è talmente fuori contesto che la visione del filmatino incriminato (di una levità struggente), presente nello stesso articolo, rimette la questione nei giusti binari. E fa sempre sentire viva la voce di Oscar Wilde che ammoniva così: “Mai discutere con un idiota, ti trascina al suo livello e ti batte con l’esperienza”.

dirani

Update: il pensiero limpido e sereno di Lorenzo è ancora più chiaro qui (a Napoli). Un minimo di onestà intellettuale!

il lungo viaggio

Il solare e ridente cittadino medio che il 2 giugno ha festeggiato la Repubblica apparecchiandosi il pic-nic sul pratino all’interno di un Parco pubblico, diciamo a Roma, a Villa Pamphili, ed ha tratto sollazzo e giovamento dalle essenze verdi ivi collocate non può non aver notato, in prossimità dell’ingresso di Via Aurelia antica,  due alberi particolari. Il primo è un “comune” pino domestico, adagiatosi al suolo dopo il brutto tempo di questo scorcio di primavera. Alto circa 20 metri è venuto giù, formando un ponte utilizzato dai bambini per imprese piratesche e spassose arrampicate. Dimostrazione pratica che un albero, anche se morto, torna sempre utile.

Il secondo, dai più ribattezzato “l’albero del pepe” per i curiosi fiori a grappolo,  ma che nulla ha a che fare con tale spezia, si trova non lontano dal laghetto ed è anch’esso imponente e fronzuto. Sotto vi trovano riparo amanti della pennica e del tiro con l’arco, ignari (manca qualsiasi targhetta esplicativa, come “buona” norma a Roma) del fatto che si tratti di un noce del Caucaso. Per i precisini  è la Pterocarya fraxinifolia. Un albero che viene da terre lontane: Armenia, Georgia, Azerbaigian e pure Iran e Turchia. Insomma, un albero del Caucaso, direbbero i più faceti, succhiando uno stelo di graminacea e sbadigliando. Poretti. Essi non sanno quanta bellezza è racchiusa sotto quella ruvida scorza e quanta strada hanno fatto quei semi per arrivare fino a qua, in un angolo di terra dell’Urbe. E quanti anni sono passati perchè quell’albero crescesse. Generazioni di padri & figli  hanno giocato a palla, spinto biclclette, provato a far volare aquiloni, mentre il noce succhiava linfa dalla terra. Il noce è lì, splendido rifugio per i pappagallini brasiliani (gasp!)  che hanno trovato  Roma molto più interessante del Sud America.  E’ lì che trascorre il suo tempo, immemore, palestra per arrampicatori coraggiosi, discreto rifugio per giovani innamorati. Cresce, non giudica. Non ha fede politica o religiosa. Esiste e ciò gli basta.

Possiate, o voi contemplatori del lento migrare delle nuvole, spogliarvi dei vostri miseri affanni. Possiate vivere con quel poco che serve. Vivere.

tomorrowland

Il futuro è una cosa strana: ci affascina e ci intimorisce. Il futuro per molti è l’apocalisse , per altri è un destino da compiersi. L’umanità oscilla da sempre tra i due poli: ricordate il “mille e non più mille” di medioevale memoria? Adesso, i nostri mezzi e le nostre possibilità sembrano essere cresciuti a dismisura, ma il pessimismo sembra pervadere un pò tutti, specie nel settore sci-fi. Non è il caso del film “Tomorrowland”, realizzato dalla casa Disney, che prova a lanciare un messaggio positivo: il mondo del futuro è dei sognatori ed è grazie ad essi, se opportunamente curati, valorizzati ed ascoltati, è possibile sperare in un mondo migliore. Il film non è accio, anche se non va annoverato tra i capolavori, soprattutto perchè dentro ci sta un sacco di roba vista altrove con esiti decisamente migliori.

Ovviamente, il mondo del futuro, dove si coltivano talenti, esiste già ed è in Svezia, dove hanno già creato l’apposito Ministero. Una roba alla Harry Potter, per intendersi …