Riflettevo, in questi giorni, su quanto al nostro paese manchi il senso delle prospettive storiche. Partiamo dall’assunto che ogni volta che parla Berlusconi, qualsiasi cosa egli affermi (in genere delle stupidate) le polemiche che ne seguono ci trasformano gli zebedei in panna montata . Di pochi giorni fa è l’uscita (infelice) in occasione del giorno della memoria in cui il nostro omino ha affermato che il regime fascista “ha fatto qualcosa di buono” (per altri versi, aggiungo io). Va de plano che se in Italia si è fatta una legge (la n. 211 del 2000 – Governo Amato) “al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonchè coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”, considerato che il fascismo è stato corresponsabile di tutte quelle orribili cose, il “buono del regime”, speso in simile contesto, va subito a farsi friggere.
E però, ci sono diversi, “però”… Il primo è l’assoluta INCAPACITA’ di fare i conti con il nostro passato. I tedeschi, citati spesso a sproposito, pare, siano riusciti in tale impresa: sono consapevoli del marchio infamante ed incancellabile del nazismo, ma non hanno la testa rivolta al passato. Il loro obiettivo è la costruzione di un futuro (e di una Germania) diversi. Hanno maturato il senso del distacco. Noi siamo, invece, ancora qui a rotolarci tra paccottiglia fascista, post fascismo, post revisionismo, partigianismo, nostalgie dittatoriali. Tra chi ancora rimpiange il “quando c’era lui” e chi con sdegno rifiuta e vorrebbe cancellare per sempre il regime fascista, penso, invece, che ci sia una via di mezzo basata su un approccio un pò più razionale ed oggettivo.
Ecco spuntare il secondo “però”: il fascismo è stata una “rivoluzione”, l’unica davvero compiuta nel nostro Paese. Ideata da un ex socialista che ha applicato metodi, principi e regole passando dalla casacca rossa a quella nera, per costruire un’Italia diversa e nuova risoetto al post risorgimento ed alle dormienti pastoie monarchiche. Se ne possono discutere i principi generali, i risultati, i fallimenti, ma non si può far finta che tali cose non siano mai esistite. Poichè, a volte, per strana sorte, tra destra e sinistra estrema si scoprono interessanti punti di contatto.La battuta di Massimo Troisi che viene tirata fuori sempre in queste occasioni su puntualità dei treni e capostazioni l’ho sempre trovata carina, ma un pò riduttiva. E’ come se si negasse (o si facesse finta di non vedere) che il regime non abbia realizzato, in circa venti anni, ferrovie, stazioni, ospedali, scuole, ministeri caserme, strade, città, industrie. Non piacciono i fez, i passi dell’oca e la fanfare (piuttosto ridicoli, invero)? Giudichiamo, piuttosto, i movimenti dell’architettura, le industrie che si sono poi sviluppate con la Repubblica, il corpo giuridico (ancora in gran parte vigente e a livello penale e civilistico), il debellamento della malaria ecc. ecc. Non è stata roba da “capistazione”. Certo, ci si può chiedere se, come italiani, non avremmo potuto ottenere gli stessi risultati (se non migliori) magari con un un’altra forma di governo. Ma tant’è….
Ed ecco il terzo “però” che chiama in campo i paralleli. Come si sa, il divieto di ricostituzione del regime fascista in Italia è previsto nelle “disposizioni finali e transitorie (XII)” della Costituzione. Ragionando in astratto, avendo appunto carattere di transitorietà, un domani, quelle disposizioni potrebbero essere anche modificate o cassate. Il parallelo, considerato i vari tributi di sangue versati con la guerra civile, va alla Costituzione degli Stati Uniti d’America (i paladini mondiali della democrazia), ove, per abolire la schiavitù, (brutta cosa la schiavitù, quasi peggiore del fascismo, non trovate?) si è dovuto approvare, con notevole fatica, un “emendamento” alla costituzione (ooopss, non l’avevamo previsto, scusate ci siamo sbagliati!). Tenuto conto che la popolazione afro americana, importata sul suolo USA contro la propria volontà ed impiegata come forza lavoro e posta in stato di schiavitù fin dal XVI secolo, ha visto riconosciuto a pieno il diritto di voto solo a partire dal 1964, con l’abolizione della segregazione razziale, tutto questo grande accalorarsi sul “buono” ed il “cattivo” del regime fascista italiano lo trovo un pò, come dire, “accademico”.
Ma può darsi che mi sbagli.