Il sisma del 24 agosto ultimo scorso è stato l’ennesimo salto nel peggio dal punto di vista dell’informazione. Rispetto al 2009 (L’Aquila) ho assistito al preponderante strapotere dei social netework per rapidità di diffusione delle informazioni e sopratutto delle cazzate. Ormai la spirale di degenerazione non sembra conoscere limiti: è una continua ricerca di responsabilità, cause, concause, “io l’avevo detto“, livore e metterci dentro cose incredibili e non necessarie (vedi polemica inutile sugli immigrati o considerazioni amene sulla solidità degli edifici costruiti al tempo del ventennio. Il nostalgico ci sta sempre). In realtà oggi non esiste più “l’informazione”. Esistono dei tipi che vanno in giro armati di smartphone (a volte telecamera), che riprendono a casaccio. Ci sono persone che confezionano bufale di ognì ordine e grado e le veicolano via web. Costringendo altri a fare ricerche ed a controreplicare alle bufale. In un vano e sterile affastellarsi di parole, immagini, meriti e demeriti.
In questo mare di macerie (morali e spirituali), si staglia in tutta la sua bruttezza, il simbolo del sisma: l’orrore architetteonico di colore rosso costruito negli anni 50 sul corso principale di Amatrice. Rimasto quasi intatto, mentre intorno la bellezza si sbriciolava per sempre.
Avete vinto.