mollare tutto

Con una certa regolarità (praticamente un giorni sì e l’altro pure) il quotidiano “La Repubblica” pubblica brevi articoli edificanti dedicati a persone scontente, cioè che facevano lavori che non gli piacevano (tipo manager di una grande impresa), che, però, mollano tutto, cambiano vita e ritrovano sé stesse.

Gente che si mette a coltivare la pastinaca, che fa il giro del mondo in barca a vela, che si ritira in un eremo a contare bachi da seta. Gente felice che fugge dal capitalismo neoliberista schiacci sassi, comunque molto ricca o sufficientemente abbiente che indica la via a noi comuni mortali, costretti alla ruota del lavoro.

Essi sono i nuovi eletti, quelli che hanno capito tutto, quelli che moriranno felici ed appagati di aver realizzato i loro (stupidi) sogni.

Vi odio.

Teofilo Patini – Bestie da soma (1886)

Il britpop de noantri

Il 25 aprile del 1994 veniva messo in commercio l’album “Parklife” dei Blur. La prima traccia si intitolava “Boys and Girls” ed era accompagnata da uno scanzonato video molto british, in cui gli allora giovani componenti del gruppo gigioneggiavano e si divertivano. Damon Albarn era, probabilmente, al momento della sua massima figaggine. Fu uno degli istanti “top” del britpop inglese che dominava le classifiche di quegli anni.

Il 13 aprile del 2024 i Blur, di nuovo insieme, si sono esibiti al Coachella , festival canoro californiano, riproponendo al pubblico in versione live la suddetta canzone e riscuotendo scarsissimo successo. Al punto che un bianco vestito e barbuto Damon (sempre più profeta di sé stesso) si è parecchio incazzato, maledicendo tutti quanti e promettendo sfracelli e piaghe d’Egitto ai tiepidi spettatori.

Ma poniamoci una domanda.

Perchè un giovine o una giovinetta, magari nati proprio nel 1994, si dovrebbero riscaldare così tanto e canticchiare il ritornello “Oh, oh, oh, oh oh, oh Oh, oh, oh, oh oh“, per di più a comando, di una canzone che forse neanche rientra nel loro panorama esperienziale ?

E la seconda domanda è: dopo trent’anni ha ancora senso che i Blur si esibiscano dal vivo ? Magari a ventisei anni aveva senso cantare:

Following the herd
Down to Greece
On holiday
Love in the nineties
Is paranoid
On sunny beaches
Take your chances
Looking for

A cinquantasei nessuno va più a cercare ragazzi e ragazze.

Oh, oh, oh, oh oh, oh Oh, oh, oh, oh oh ohi!

la celebrazione della vita, magari sbilenca, imprecisa, imperfetta

Vivere come volare
Ci si può riuscire soltanto poggiando su cose leggere
Del resto non si può ignorare
La voce che dice che oltre le stelle
C’è un posto migliore
Un giorno qualunque ti viene la voglia
Di andare a vedere, di andare a scoprire se è vero
Che non sei soltanto una scatola vuota
O l’ultima ruota del carro più grande che c’è

Ma chiedilo a Kurt Cobain
Come ci si sente a stare sopra a un piedistallo
E a non cadere
Chiedilo a Marilyn
Quanto l’apparenza inganna
E quanto ci si può sentire soli
E non provare più niente
Non provare più niente
E non avere più niente
Da dire

un mondo a parte (che vale doppia recensione)

Per questioni di ordine lavorativo vivo in Abruzzo dal 2021, pur essendo romano. In questi tre anni, spinto molto dalla curiosità del neofita, ho girovagato per la regione, in lungo ed in largo, per comprendere usi e costumi della popolazione ed apprezzare al meglio storia, architettura, tradizioni, usi, costumi, cucina, flora e fauna. Non sono diventato più abruzzese di un abruzzese, ma mi sento partecipe e vicino a questa gente. In parte il processo di assimilazione è occorso anche grazie alla pagina FB denominata “L’abruzzese fuori sede” che mi ha ulteriormente spalancato le finestre, con sottile ironia, su tanti aspetti della vita quotidiana, spesso legati al linguaggio. E si sà, le parole sono importanti.

Ho, quindi, accolto con benevolo interesse l’uscita del film “Un mondo a parte”, che sono andato a vedere in anteprima all’Aquila, ambientato ad Opi nel Parco nazionale Abruzzo, Lazio e Molise. Opi nel film è stata ribattezzata Rupe, ma secondo me era meglio lasciare il nome originario anche in onore di Escher che dell’antico borgo trasse alcune bellissime immagini. Stop divagazioni e veniamo alla sostanza di questa recensione. Il film di per sè non è nulla di eclatante. E’ carino, diretto bene, gli attori sono bravi (anche quelli non professionisti), la storia è piacevole, il messaggio arriva. Ma è tutto qui. Non è un capolavoro, non è una forte denunzia sociale. Però, ha un elemento in più: un fortissimo battage pubblicitario. Ovvero, il regista e i due attori principali sono praticamente in tournè in tutti i cinema d’Italia (anche quelli più infimi) per promuovere il film. E la cosa ha funzionato. Tant’è vero che alla premiere cui ho preso parte le due principali sale erano piene di gente. E i dati dei film più visti durante il periodo pasquale collocano il menzionato film ai primi posti.

L’assunto conclusivo è: se sai fare una buona pubblicità (e scegli attori di richiamo che stanno simpatici al pubblico), ti verranno a vedere. Al di là della validità del prodotto che proponi.

Ieri sono andato a vedere “Zamora”, appena uscito. Che è altrettanto leggero, ben recitato, garbato, umano, interessante e tutto sommato valido. E in sala eravamo in quattro.

Tî mmènde!