la tartaruga rossa

Si doveva festeggiare il compleanno dell’amore mio, ieri. Così abbiamo raccolto la famiglia e siamo andati a vedere al cinema (vicino casa) il film “La tartaruga rossa”  dello Studio Ghibli.

Un film bellissimo: per disegni, musica, atmosfera, dialoghi (inesistenti) e storia. Un film sull’amore e sulla vita, noi che siamo tutti isole perse in mezzo al mare.

transforming-landmarks-paper-cutouts-rich-mccor-7-58da483d2e7ae__880

disturbo oppositivo provocatorio

edfef300af5f2b615ed5bd3fc7eb364c

In questi giorni pensavo all’Europa, al fatto che abbiamo smesso di ammazzarci tra europei da circa 70 anni (un tempo infinitamente breve rispetto alla storia dell’umanità).  Per puro diletto (e anche con un pò di morbosità)  ho  sfogliato su pinterest le foto dei soldati morti (di ogni nazione) durante la seconda guerra mondiale: una galleria di orrori senza fine.  Gente che si è sacrificata per ideologie folli e già scordate.  Quelle ferite non si sono rimarginate. Sono solo rimosse. Ogni tanto ci sono rigurgiti, nostaglie distorte dal tempo, ma c’è sempre il tentativo strisciante di delegittimare  gli altri. Noi europei, in fondo in fondo,  al di là delle belle parole dei trattati (che nessuno ha letto o o conosce), in realtà, ci odiamo ancora.

Fortissimamente (anche se noi europei del sud stiamo meglio perchè ci dedichiamo ad alcool e donne e moriremo, perciò, sorridenti con la patta aperta ed in stato etilico).

notizie belle

Ad un mio caro amico (talmente caro che ci frequentiamo dai tempi delle elementari) è nata la seconda figlia, proprio ieri. L’hanno chiamata Vivi (in nome dei bei tempi andati, di storie vissute e cose che non sto a spiegare troppo nei dettagli). La bimba è bellissima, rotonda, con le ciccette,  e con una faccia già molto seria.

Oggi si è beccata il suo primo “meme” ideato dal papà premuroso ed un pò burlone (che non sto a pubblicare per evidenti motivi di finta privacy). Segno dei tempi. Benvenuta in questo mondo pazzerello.

So-I-glued-googly-eyes-all-over-town-58d0e538a5e6c__880

the death rush hour

Takes a second to say goodbye
Say goodbye, oh, oh, oh
Il Presidente degli Stati Uniti taglia i fondi alle Nazioni Unite relativi ai programmi di assistenza medica ed aiuti ai rifugiati
It takes a second to say goodbye
Say goodbye, oh, oh, oh, say bye bye
La Turchia si ingarella con l’Olanda sulla campagna elettorale turca (anti democratica) esportata in Europa: un nazi-fascista con i baffi che da dei fascisti ad uno dei popoli più evoluti in termini di antiproibizionismo, eutanasia e rispetto dei diritti umani
Where you going to now
Lightning flashes across the sky
L’Inghilterra esce dall’Europa per mera volontà economica (paradisi fiscali cercasi) 
scatenando la secessione della Scozia ed il ritorno di Braveheart
East to west, do or die
I russi comprano l’intera Casa Banca e la trasformano in un resort per oligarchi (con tanto gli jacuzzi ed intrattenitrici varie)
Like a thief in the night
See the world by candlelight
Gli Stati Uniti avviano la campagna del riarmo (nucleare e non) che neanche ai tempi del Dr Stranamore…
Fall, rise and fall, rise and
Fall, rise and fall, rise and
A volte i capitoli sembrano chiusi, anche se sono costati enormi sacrifici (epurazioni, stermini, guerre mondiali, genocidi, pulizie etniche) … e, invece, siamo ancora qua a cantare le canzoni degli U2. Che non c’è rimasta neanche una speranza in un mondo migliore.
7bb67bc582eb8889cfc0e30ee769d1ed

chi dietro a li uccelin sua vita perde…

C’ho dei ricordi in bianco e nero. Che, insomma, ho avuto un’infanzia tutto sommato felice, con il “Carosello” e “Almanacco del giorno dopo”. Specie quest’ultimo. Con un uomo con la barba e gli occhialini, mite e gentile che ogni sera, dal lunedi al venerdi, raccontava, con la sua “erre” moscia, degli animali, delle loro abitudini e delle relative curiosità.   A me piaceva.

Ha spiccato il volo.

smithsonian-14th-annual-photo-contest-2016-14-58b7e0d2f07ba__880

nervi e ortiche

Fare l’architetto, ma sopratutto l’urbanista è difficile. Difficile di questi tempi. Infatti, le due categorie sono estinte. Sono rimasti, invece, i geometri e i palazzinari. Che godono di ottima salute.

A latere (ma molto discosti) ci sono quelli che gridano “che basta, non si può più consumare il suolo!”. Ne va della sopravvienza dell’umanità. E quelli, ancora, che sono preoccupati del dissesto idrogeologico (che sarà mai? Roba da dinosauri). Non hanno alcuna fortuna.

Poi ci sono i politici di ogni forma e colore. Che dovrebbero decidere (magari in maniera partecipata). Ed, invece, raccontano e fanno cazzate.

Questa storia è molto breve e si svolge a Roma. In due posti che cominciano per Tor (un pò periferici). Ed in  un terzo che sta in una zona centrale e di lusso.

Il primo è qui: Tor di Valle.

tor-di-valle

Dove si vede il vecchio ippodromo, campi e un’ansa del fiume Tevere. Che secondo i geologi (sfigati!) potrebbe essere tranquillamente saltata dal fiume in un anno X a piacere. In un’immagine satellitare di uso comune ci sono: dissesto idrogeologico (for dummies), consumo del suolo (per orecchie da mercante)  e promesse politiche (tantissime).

Il secondo è qui: Tor Vergata

tor-vergata

Dove non c’è il fiume, ma, in compenso, ci stanno un campus universitario e tutta quella bella roba lasciata a metà dalla giunta Alemanno (vela di Calatrava inclusa), marcata con il cartellino giallo “Torrenova”. Su cui mi sembra abbiano fatto degli spot elettorali, si siano dette molte cose e non si sia fatto nulla. Anche in questo caso consumo di suolo, ma magari qualche rischio idrogeologico in meno (e la possibilità di rimediare ai danni altrui).

In mezzo ci sta questo:

221734301-d50d929d-11a2-4928-9c71-9e22b95a66a2

Lo stadio Flaminio. Progettato da Antonio Nervi, figlio del più famoso Pier Luigi (due dilettanti dell’architettura italiana), lasciato andare in rovina (come tutto il villaggio olimpico del 1960) ed alle ortiche. In nome del civile progresso.

Oh, Jackie, Oh

Lacrime e sangue. Se dovessi fare una recensione sintetica a questo film. Un viaggio lento nel dolore di chi era fino a pochi attimi sulla cresta dell’onda e, dopo uno sparo, non è più nulla e non ha più nulla. Un film lento, composto, senza sbavature. Perfetto come solo Jackie poteva essere. Senza nulla lasciare al caso anche quando la vita è distrutta e nulla sarà più come prima. Per curiosità mi sono andato a riprendere il numero di National Geographic del marzo 1964 e sì, i fatti narrati e ricostruiti sono stati proprio quelli. Un funerale come rappresentazione e glorificazione. La costruzione del mito, guidata passo dopo passo.

6a00e5500010e8883301156fe40c93970c