“Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio/dei primi fanti il 24 maggio”. Sono i primi versi della canzone del Piave. Studiata a scuola alle elementari. Questo vi dà un’idea di quanto io sia vecchio anagraficamente e di quanto la scuola sia cambiata in una roba informe. Ieri si è commemorata e ricordato l’entrata dell’Italia in guerra. Belle parole, bei discorsi ufficiali, molto moderati, politically correct, con la giusta prospettiva della storia. Il Presidente Mattarella, ad esempio, è stato equilibrato ed ha ricordato nelle sue parole che: “Il conflitto fu una tragedia immane, che poteva esser evitata . I caduti di ogni nazione e di ogni tempo ci chiedono di agire con le armi della politica e del negoziato, per affermare la pace“. Ineccepibile. A pochi chilometri dalle coste europee, intanto, sventolano bandiere nere, si uccidono civili e bambini, si distruggono siti archeologici e si cerca di riportare il mondo ad un medioevo trucido e retrogrado. Affermiamo la pace, senza muovere un dito. O meglio, facendo premere il grilletto ad altri. L’Europa, conscia delle sue tragedie e delle sue mattanze, ricorda i caduti del Primo conflitto mondiale e si gira dall’altra parte senza considerare i caduti e gli uccisi di oggi. Sicura che in qualche modo ciò che succede oltre confine, si risolverà da solo. Sembra quasi di assistere alle schermaglie diplomatiche ante-conflitto. Chi, ad esempio, avrebbe scommesso che impero austro-ungarico o impero russo o impero ottomano sarebbero finiti nel giro di pochi anni? Spazzati via per sempre. E’ da aspettarsi un simile esito anche per noi democratici occidentali?
“L’esercito marciava per raggiunger la frontiera/ per far contro il nemico una barriera!” Infatti, abbiamo i vari Salvini, Meloni e compagnia varia che issano vessilli, tracciano solchi e agitano spade di cartone per rispedire indietro la marea umana che fugge dalle guerre, dalla fame e dai soprusi. Un sud del mondo che non ci interessa, che non vorremmo esistesse ,che ci pone solo problemi mentre noi abbiamo cose più importanti da fare: tipo cementificare l’Italia, rubare i soldi pubblici, vivere con un’amministrazione inefficiente, non garantire il lavoro.
“Muti passaron quella notte i fanti,/ tacere bisognava e andare avanti. ”
A latere la polemica della Provincia autonoma di Bolzano che si rifiuta di issare il vessillo nazionale perchè qualcuno strumentalmente crede che ancora esista l’Austria felix degli Asburgo (quelli che impiccavano e fucilavano cristianamente). E ci mangia sopra benissimo e tantissimo. Dai 600.000 mila morti che vuoi che siano. Erano italiani. Noi siamo “autonomi”.
“S’udiva intanto dalle amate sponde/sommesso e lieve il tripudiar de l’onde.
Era un presagio dolce e lusinghiero. /il Piave mormorò: “Non passa lo straniero!”
La canzone del Piave è stata l’inno nazionale dal 1946 al 1947 , quando l’Italia era un paese devastato dalla guerra, dalle conseguenze del regime e dalla guerra civile. Sarà per questo che me l’hanno insegnata a scuola? Perchè al di là di tutti gli orrori siamo divenuti italiani solo alla fine del Primo conflitto mondiale? Si vede quanto il nostro Paese sia fragile, democraticamente impreparato, povero di storia e di cultura. Lo si vede nel triste spot tirato fuori per commemorare un nodo fondamentale per la nostra identità nazionale: uno scialbo “Ricorda” che nessuno ricorda. Più ci allontaniamo dal fragore della Prima guerra mondiale e più tutto diventa confuso e banale. Bastano cento anni, un battito di ciglia. Eppure la distanza che mi separa da mio nonno (che di guerre mondiali se n’è fatte due) non è poi così grande. Ai miei figli che sono nati dopo il 2000 che vivono nell’abbondanza, nel mondo iper connesso, nell’Europa pacificata ma egoista vorrei trasmettere qualcosa di diverso: un senso di appartenenza (che non vuol dire essere prevaricatori, ma neanche coglioni), la capacità di saper rispettare il sacrificio di chi ci ha preceduto ed ha cercato di meritarsi un riscatto, che non ci sono scorciatoie facili, mai. Tutti gli altri che si agitano sul fondo son solo squallidi opportunisti.
“Sul patrio suol vinti i torvi Imperi, /la Pace non trovò né oppressi, né stranieri!”