numerotto (piove su suburra, oh come piove…)

La premessa essenziale è che sono contrario ai films ed alle serie televisive ove si magnificano i personaggi della malavita. Quindi, per me, cacca sulle varie gomorre, romanzate criminali e compagnia cantante. Detto ciò, per dovere condominiale (Stefano Sollima abita nel mio stesso palazzo, ma non so se questo fa di me una persona migliore, a parte il fatto che possiamo discutere nelle riunioni condominali gli orari di accensione delle luci esterne) sono andato a vedere con l’amore mio “Suburra”. Che  è un film in cui piove (tuona e lampeggia) molto. In cui si annuncia “l’apocalisse”, facendo vedere di spalle papa Ratzinger nei giorni in cui ha maturato la volontà  di rinunciare al soglio pontificio, ma l’apocalisse non arriva (almeno non quella che mi aspettavo io). Intorno, nella Roma presente (è il 2011, ma fa lo stesso) si fanno i giochi sporchi ai danni della collettività tra politici corrotti (di destra), bande rivali, zingari cravattari, e bang, bang, bang. “Suburra” è un film dove si piscia su Roma, ma proprio nel senso vero del termine, mentre piove. Che è un pò la metafora del film stesso: c’è acqua dappertutto. L’acqua del Tevere che si porta via il padre suicida di Elio Germano, che straborda dai tombini, che occulta cadaveri, che cade su stabilimenti in fiamme; acqua in cui sprofonda Claudio Amendola alla fine del film. Acqua che dovrebbe purificarci o acqua sporca e basta? Sollima non lo dice. Ci tiene in compagnia dei suoi personaggi (tutti tipi umani perfetti per i singoli ruoli) , delle loro debolezze e delle loro efferate certezze. Il film è moscio all’inizio, ben strutturato al centro e poi scivola via in un finale in cui coloro che sembravano essere i più deboli e fragili (il Germano viscido e pauroso e la ragazza tossica di numerotto, il gangster di Ostia dal nome più ridicolo della storia dei gangster)  compiono una sorta di nemesi distruttiva e finale. Un contentino che dovrebbe rimettere le cose a posto. Ad ogni modo, le schifezze vere sono nella realtà.  E sono molto, ma molto più incredibili, luride, varie e fantasiose di quanto Sollima prova a raccontare. Motivo per lo quale odio, con tutto me stesso, chi tende a “mitizzare” gente di merda.

esseri facenti

Un tranquillo lunedì di sovrapposizioni, incasinamenti, fai questo mentre dovresti fare quello. E poi corri di qua e corri di là. Sii responsabile, fiero e determinato. Vinci ogni resistenza, travolgi ogni ostacolo. E muori sano.

Ad ogni modo, sto leggendo un libro, anzi un super libro: “Addio a Roma” di Sandra Petrignani che è un bum,bum bum di letterati, filosofi, artisti, poeti, pittori, registi ecc ecc, tra gli anni 50 e i 70 del secolo scorso (minchia secolo scorso!) a Roma. Talmente pieno di roba, nomi, eventi, sodalizi,  monopoli culturali e cose varie che “mafia capitale”, in confronto, è una passeggiata di salute.

una torre gemella è per sempre

“The walk” di Robert Zemeckis . Ci sono uomini che hanno fatto cose. Cose difficili da spiegare. Che forse non hanno un senso. Tipo camminare a 415 metri di altezza su un filo teso tra le twin towers nel 1974 a NY city. Ci sono uomini che hanno avuto questo tipo di sogno e lo hanno realizzato. Un sogno unico, che non può essere replicato. Non so se utile, ma pur sempre un sogno.

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intellettuali

Nel 1975, il giorno in cui è stato ucciso PPP, avevo 8 anni. Dunque, un pò troppo in ritardo per  apprezzare, con consapevolezza, gli scritti e la profondità di pensiero di quell’uomo. Se posso esprimerla in altra maniera, per motivi anagrafici ho mancato il momento storico. Poi, per fortuna, sono riuscito a recuperare negli anni, leggendo molto. Magari è stata la mia fortuna: con la prospettiva data dalla distanza e dal tempo, certe cose si riescono a comprendere meglio. Si fa la tara, si capisce cosa si può salvare e cosa no, visto che, in the meantime, la storia è andata avanti. Miti, credenze ed ideologie si sono sgretolate. E l’analisi lucidissima della massificazione e distruzione sociale descritta da PPP è sotto gli occhi di tutti. Nessuno cercò di fermare il fenomeno all’epoca: non ci provarono i comunisti, non ci riuscirono i liberali. Ai capitalisti, invece, faceva comodo. E poi, insomma, a chi gliene fregava realmente dell’inurbamento selvaggio e delle devastazioni morali?

Perchè?  Su quelle macerie viviamo e vaghiamo oggi, senza alcun punto di riferimento. Di quella stagione, in effetti, l’unica cosa che rimpiango è il ruolo riconosciuto agli intellettuali. La società sentiva il bisogno di pittori, scrittori, poeti, registi. Ne apprezzava le opere ed il talento; non comprendeva tutto, ma capiva che servivano a qualcosa. Ad orientare scelte, ad alimentare discussioni e riflessioni. A non considerare la realtà come qualcosa di scontato e semplificato. E anche se la società molti atteggiamenti li ha marginalizzati, per conformismo e pigrizia, alcune generazioni si sono potute, se non altro, nutrire di ideali e di speranza.

Poi PPP è morto ammazzato (come i sogni e gli ideali) e ciao.

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marziani in fuga

I paesaggi marziani dell’ultimo film di Ridley Scott (The martian) sono situati in Giordania, in un luogo che si chiama Uadi Rum. A riprova che, senza dover andare troppo lontano, sul nostro pianeta possiamo trovare tutto ciò che ci occorre, senza spendere denaro pubblico in imprese ai confini del sistema solare. La fantascienza (e le sue trasposizioni cinematografiche) in realtà cosa prova a suggerirci? Ad immaginare mondi diversi, situazioni estreme, magari incontri,  quando siamo, purtroppo, ben coscienti che l’umanità è prigioniera su questo pianeta.  Per sempre. Dunque, non sarebbe più logico tener da conto quello che ci è stato destinato in sorte?

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Percezioni

Quando si è in estate e fa molto caldo e magari c’è anche un elevato tasso di umidità gli esperti parlano di temperature “percepite”: se l’umidità è elevata si soffre di più. Partendo da una sensazione, mi son posto il quesito: a livello di comunicazione come viene proposto il concetto di ambiente per farlo percepire agli informandi? Prendiamo le principali testate giornalistiche on line e valutiamo la faccenda dal punto di vista delle rubriche (e quindi dell’inquadramento logico e delle intenzioni). Il Corriere della Sera pone l’ambiente sotto la sezione “Scienze”. Approccio “Quark”. La Repubblica ha una sezione “Ambiente”. L’approccio tout court. La Stampa, invece, è “Tuttogreen”. Un approccio mixato e un po’ trendy. L’Ansa ha un “canale ambiente” (dove peraltro si propongono spesso degli spottoni di questa o quella impresa senza reale approfondimento). AdnKronos ha il canale “sostenibilità”. L’approccio Nazioni Unite. Infine, Il fatto quotidiano ha la sezione “ambiente”, ma se puntate la manina sul link il vero titolo della sezione è “Ambiente-veleni”, ovvero l’approccio negativo. Dunque, a seconda della visione della testata in ciascuno di questi siti esemplificativi potreste trovare la spiegazione di certi fenomeni, la cronaca dei misfatti legati all’ambiente, le ricette vegane o il lavoro dell’ufficio stampa di questa o quella multinazionale ecc. ecc. A dimostrazione che l’ambiente “è” ed ognuno se lo dipinge come meglio crede (magari pubblicando anche notizie in antitesi tra loro). Una considerazione talmente banale che quasi mi stupisco di me stesso. Anche se nessuna di queste testate riesce a farci capire mai bene cosa succede intorno a noi, poichè grande è la differenza tra ambiente “reale” ed ambiente “percepito”.

insideout

Ci tenevo a vedere questo film con tutta la famiglia. E così è stato. Un’esperienza positiva e bella, poichè raramente ho avuto modo di vedere spiegata in maniera così colorata e “bigliosa” la complessità dell’animo umano, l’importanza dei ricordi, le difficoltà della crescita ecc. ecc. Ancora una volta, tanto di cappello agli “animatori” (e mai termine fu più appropriato).