Non c’è ordine nella mia vita. Apparente è il quotidiano, con riti ed abitudini. Ma se son strette le gabbie dell’essere sociale, a volte ti scappano fuori dei ricordi, che filtrano attraverso fenditure della coscienza. Allora sai che questo strano errare ha in sè una forza. Che ti basta poco per essere migliore di quel che sei. Aver vissuto è un diario di carta dove appunto i miei gesti. Un calligrafico, minuto, ripercorrere di situazioni, lasciando, però, nascosto quanto di più intimo. E’ un lasciar traccia, ma non troppo. Sicchè ho solo io la chiave di lettura. Non tutto si può consegnare alla pagina. Ma ecco, che liquido sguscia fuori questo e quello. E mi compare il sorriso infantile, lo stupore ed il piacere dell’inutile. Ricordi inglesi. Come quella volta che, fermo in mezzo al Tower bridge, a Londra, là dove la sottile striscia separa i due ponti levatoi, sussultavo con sgomento al passaggio delle auto e dei bus e sentivo sotto i piedi il richiamo dell’acqua, la vertigine della terra, la paura della mia giovane età. I cieli erano percorsi da nuvole imprevedibili: ti alzavi col sole, con i prati brillanti e le casine ordinate e quando uscivi fuori cominciava a piovere e poi smetteva. Indispensabile il k-way, ripiegabile. A tre bande, blu, grigio e giallo che non l’hanno prodotto più. Ma io li dentro mi sentivo sicuro, un pò adulto ed un pò no. Lo conservo in un cassetto, macchiato e sporco, incapace di darlo via, magari a qualcuno sfortunato che fa dei suoi giorni un bicchiere di vino.
Butteresti mai via una parte di te?
Pioggia di Londra, pioggia di strade ed auto e richiami. Tutte quelle case uguali, ma con le porte colorate. Che se rientravi ubriaco dal pub, il fine settimana, almeno la porta di casa la riuscivi a riconoscere. Pinta, una pinta ed un’altra pinta: da pagare prima della consumazione al barman che capisce le tue parole nel frastuono della musica, il prezzo in sterline, anche se non dovresti essere qui a bere, a soli sedici anni. Però, sono italiano e certe leggi non valgono quando sei in trasferta. E poi fuori, nel cuore della notte che è già quasi mattina, a pisciare nelle ordinate aiuole, come un povero cristo.