oggi mi fermo un pò

Un articolo sul colonialismo italiano, un documentario sullo sbarco degli albanesi a Bari nel lontano 1991, le foto dei bambini annegati e spiaggiati che circolano su Facebook da alcune ore. Cosa hanno in comune queste cose? Le coscienze dormienti.

BARI - 1991 agosto 1991  LO SBARCO DELLA MOTONAVE VLORA CARICA DI CLANDESTINI ALBANESI -   La nave vlora in porto - foto Arcieri - Quaranta
BARI – 1991 agosto 1991 LO SBARCO DELLA MOTONAVE VLORA CARICA DI CLANDESTINI ALBANESI – La nave vlora in porto – foto Arcieri – Quaranta

echi di Le Corbusier (in Abruzzo)

E’ morto Le Corbusier, evviva Le Corbusier! Sono appena passati 50 anni da quando quest’uomo dagli occhialini rotondi, inventore del modulo seriale ripropositivo, si è allontanato al largo nel mar di Francia e non è più tornato. Un grande maestro del moderno (anche se io nei suoi casermoni giganteschi non ci vivrei manco morto) che ha provato ad influenzare anche altre menti. Ecco, le altre menti. Quelle che pianificano e urbanizzano i territori. Prendiamo ad esempio l’Abruzzo, la “regione verde e dei parchi”. Una terra di costruttori, in realtà: le migliori maestranze vengono da lì. Operai che hanno edificato Roma negli anni del “boom” e che da oltre 50 anni costruiscono nel loro territorio i famosi “casermoni” d’Abruzzo: cubature gigantesche e spesso inutilizzate. Villette a schiera ed alberghi mastodontici in cima a pizzi scoscesi ed irraggiungibili, scheletri di case iniziate negli anni ’70 e mai finite (complete di comignolo, coppi e vuoti), aree industriali dismesse con tetti di amianto da bonificare, orrendi cementifici piazzati proprio lì, nei Parchi. E piccoli centri urbani, popolati da anziani destinati all’oblio. Umani che abitano tante piccole casette in pietra che lentamente si spallano e vengono giù. L’Abruzzo degli orribili monumenti ai caduti, del moderno che invecchia subito ed alla prima scossa di terremoto si frantuma. L’Abruzzo fiero, che non vuole abbassare la testa, che ha protestato per il G8 de L’Aquila quando sono venuti i potenti della terra ed ha spernacchiato Renzi proprio poco tempo fa (ma spernacchiare Renzi ormai è lo sport nazionale. Vediamo chi si stanca prima). L’Abruzzo mai domo, fatto di gente onesta e generosa, abbarbicata al pezzettino di terra: il micro fazzoletto coltivato a uva o  ad ortaggi o lasciato andare in malora (ma che non te lo venderà mai … cascasse il mondo).  L’Abruzzo con le chiese e le chiesette. Quelle nuove, costruite da poco. Quelle che se ci fosse stato Le Corbusier, appunto, sarebbero state tutt’altra cosa. Due esempi per tutti?

La chiesa di San Silvestro a Sivignano, provincia de L’Aquila. Qui sotto in tutto il suo “splendore” architettonico (con tanto di madonnina in “piscina”, scritta a lettere romane dell’anno di costruzione MCMLVI e campanile rinnovato):

sivignano chiesa san silvestro

E la chiesa della Madonna della neve a Roccaraso, immaginata e realizzata con ben altri esiti:

chiesa madonna della neve roccaraso

Ah, Le Corbusier, Le Corbusier …

la fantasia dei popoli

“Anzi distruggerete i loro altari, spezzerete le loro stele e taglierete i loro pali sacri.” (Esodo 34.13)  Quando vedo gli uomini barbuti che distruggono siti archeologici e sventolano improbabili bandiere nere; quando vedo i loro mitra ed i loro coltelli; quando vedo le loro vittime inermi … capisco  che l’umanità non ha fatto un passo dai secoli bui della storia. E’ come se il tentativo di affrancarsi dalla condizione di bestie, possibile solo attraverso la cultura, lo sviluppo del pensiero libero, la discussione e la critica, venga ricacciato da nuove fameliche bestie ignoranti. Il nostro futuro assomiglia ai deserti di Marte.

giallo d’estate

Esterno notte. Seduto su una panchina di cemento e metallo al binario 5 della stazione Priverno-Fossanova, aspetto il treno delle 21:08 per Roma Termini. L’aria è fresca e poche persone gironzolano sfuocate, nel deserto della notte. L’altoparlante annuncia il passaggio di due treni in transito sui binari 4 e 5 e in pochi minuti la mandria di bisonti di ferro  passa facendo tremare la terra (sarebbe così facile buttarsi sotto). Per la mia attesa stringo tra le mani un libro vecchio di vecchi racconti gialli (estate del 1985) trovato per caso in casa di amici. Le pagine sono consumate e porose, stanche. Racconti perduti e ritrovati, senza una fissa dimora, senza un padrone.

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silenzi squarciati

Ho un amico. Un amico grande, anche fisicamente. Un amico che tiene tutto dentro. Un amico disordinato ed in difficoltà. Un amico che vorrebbe, ma non sempre può. Un amico che si nutre di istinti, paure,  accelerate e testa coda. Un amico innamorato, sempre innamorato. Un amico che non capisce e spesso non ti fa capire. Un amico che guardi un pò da distante. Un amico che a volte si confessa e ti regala emozioni segrete. Un amico raro.

Prologo

1 minuto e venti secondi: scatta il fischietto ed Axl Rose, di bianco vestito, si libera degli occhiali da sole e comincia la sua indiavolata performance sul palco del Giants Stadium nel New Jersey. Testa, microfono, balletto. Capelli lunghi e lisci scossi davanti alla folla in delirio, mentre i chitarroni e la batteria martellano il ritmo di “Paradise city”. Sputi, mutande, bandane, letti sfatti, lattine di birra vuote, capelloni (e tutto il repertorio heavy) condensati in sette minuti scarsi. E’ il 1988. I Guns and Roses non li conosce nessuno, ma nel video sembrano delle star talmente affermate e famose da far tremare i polsi. L’album da cui è tratto il brano è stato pubblicato pochi mesi prima ed il gruppo è la spalla del tour degli Aerosmith, in circolazione da qualche annetto prima di loro. Il pubblico, nonostante striscioni, magliette e merchandising vario, è lì, in realtà, per qualcun altro. Ma se nel 1988 vedi per la prima volta in TV, su Videomusic, il video dei Gunners e senti l’energia della loro musica non puoi fare a meno di pensare: “Cazzo! So’ gajardi !!!” Il gruppo è una scommessa riuscita: un disco, immagine e stile ben definiti. Risultato: milioni di dollari. La sensazione di aver centrato l’obiettivo al primo (ed ultimo colpo) e di poter campare di rendita per il resto della tua vita.

riscrivere il finale

Riallaciandomi al post di ieri, dopo un medio “mumble-mumble”, mi è scaturita questa “originalissima” idea: riscrivere la fine di alcuni personaggi famosi del mondo dello spettacolo. Andiamo ad incominciare:

Marilyn Monroe: sopravvissuta per il rotto della cuffia all’increscioso episodio del 5 agosto del 1962, Marilyn si sottopone ad un programma di riabilitazione e disintossicazione che la tiene lontana dalle scene per circa un anno. La morte del presidente Kennedy la getta, però, in un nuovo stato di prostrazione. Non partecipa alle esequie, in quanto persona non gradita, e decide  di trasferirsi in Europa per un lungo periodo di tempo. Visita Francia, Spagna e Italia, dove Federico Fellini le propone di partecipare alle riprese  del “Viaggio di G. Mastorna”, ma l’attrice declina. Il film non verrà mai realizzato.  Per un breve periodo di tempo soggiorna anche in Inghilterra, dove conosce i Beatles (celebre la sua foto insieme al quartetto di fronte al Tower Bridge) ed ha una breve relazione con l’attore scozzese Sean Connery che lascia, però, per ritornare negli USA. Sul finire degli anni ’60, l’ex attrice decide di dedicarsi alla musica e pubblica tre dischi che ottengono un discreto successo: “With love” (1969), “If” (1971) e “Don’t be ashemed” (1973), quest’ultimo in collaborazione con Eric Clapton. Marilyn abbandona definitivamente la California e si trasferisce in Oregon dove compra una grande tenuta e si dedica alla cura dei cani abbandonati. Nel 1980 pubblica: “In loving memory”, in cui descrive la sua relazione con il Presidente  Kennedy, che la porta di nuovo all’attenzione dei tabloid e della TV. Declina ogni invito a talk show ed eventi, preferendo i suoi amati cani. Muore all’età di 59 anni, per un attacco cardiaco.

John Winston Ono Lennon:   sfuggito all’attentato dell’8 dicembre 1980 ( a causa di uno starnuto)  il muscista inglese decide di abbandonare gli USA e di tornare in Inghilterra. Voci insistenti di una re-union con i Beatles imperversano per tutti gli anni ’80, ma John si tiene ben lontano dagli ex Fab Four, dedicandosi alla musica ed all’arte. Apre una factory per artisti spiantati, in collaborazione con Andy Wahrol, e continua la produzione di disegni e schizzi, non disgiunta dalla sperimentizione musicale elettronica e dodecafonica. Espone alla Biennale di Venezia ed a Spoleto, ottenendo un tiepido successo da parte della critica. E’ molto amato, invece,  in Francia, dove decide di stabilirsi per un lungo arco di tempo (1988-1996). Nel 1997 pubblica il doppio album “Cloud9” che lo proietta di nuovo ai vertici delle classifiche. In occasione dell’attentato alle Twin towers,   nel settembre 2001, John lancia un appello in TV contro il terrorismo che viene seguito da oltre un miliardo di persone. La diretta si chiude, a sorpresa, con le note di “Imagine”,  accompagnato alla chitarra da George, al pianoforte da Paul e Yoko ai cimbali.Vivente.

James Douglas Morrison: dopo aver inscenato la morte a Parigi, nel luglio del 1973, Jim e compagna, sotto mentite spoglie fanno perdere le tracce per circa venti anni. L’ex cantante si dedica alla poesia ed alla scrittura, girovagando tra Africa e Oceania. Pubblica sotto pseudonimo tre raccolte di poesie, un libro di racconti e una raccolta di storie sciamaniche. Numerosi sono i suoi avvistamenti, veri  o presunti, da parte di fan e giornalisti. Ma Jim riesce sempre a dileguarsi un attimo prima di essere individuato. Il tabloid “The Sun” pubblica alcune immagini del cantante  scattate in Polinesia, ma lo scoop viene considerato dai media una bufala. Jim, in realtà si è ritirato nel Borneo dove è divenuto il capo Mojo di una tribù di tagliatori di teste. Vivente. Ha sette mogli e un numero imprecisato di figli.

E così via …

voglio una vita come Steve McQueen

Ieri ho visto in tv un bel documentario dedicato all’attore Steve McQueen. Che era un tipo fiko, massiccio, inquieto e super appassionato di motori. Chi non vorrebbe essere come Steve? Bello ed anche un pò maledetto. Uno con tre mogli ed una collezione di auto e moto da far le piroette. Anch’io vorrei essere come lui. Salvo non fare la sua fine.

bullitt

lo sdoganamento del pene

E’ estate. Si affrontano temi futili. Ricordate quegli eventi epocali che andavano in onda in TV? Quelle cose che con l’arrivo di internet, poi,  sono divenute virali? Tipo Patsy Kensit che perde la spallina e mostra il seno piccolo a S.Remo? Oppure Sabrina Salerno che, nell’impeto danzereccio, sfodera le poppe? O ancora la farfalla di Belen? O il seno “pirsato” della sorella di Michael Jackson esploso durante il super bowl? O l’accavallamento di gambe di Sharon Stone?  Tutta roba finora riservata al gentil sesso, su cui poi si son scritti fior di commenti  e si sono costruite carriere più o meno fortunate. Bene, da alcuni giorni anche noi uomini abbiamo raggiunto la parità, grazie a quel brav’uomo di Lenny Kravitz che, durante un concerto, ha sfoderato il pistolino, sfondando i pantaloni di cuoio durante un assolo di chitarra.

Queste sono conquiste.