Che gli italiani non siano degli abili pianificatori è una cosa abbastanza risaputa. Abbiamo cessato di esserlo con il fascismo (ove peraltro occorreva vestirsi in modo piuttosto ridicolo prima di fare le cose). Da un pò, con scarsa fantasia, i media ci propinano reportage su come le strutture usate per le olimpiadi (autunnali, invernali, primaverili o estive) siano da considerare uno spreco di soldi. Invero, si è cominciato con i giochi olimpici di Atene (che avrebbero causato un buco nel bilancio ellenico da cui i greci non si sarebbero ripresi più. Leggenda metropolitana?) e adesso siamo approdati a Torino 2006 (che peraltro ricordo molto piacevolemte per la fantasmagorica cerimonia di apertura). Le strutture sono costate tanto, sono state usate poco, sono già in fase di abbandono e bla, bla, bla. E’ colpa di Torino 2006 o delle amministrazioni pubbliche se non si riesce a gestire quello che viene fatto e costruito? Qualcuno se li guarda i progetti, prima, oppure è tutta una piacevole connivenza? Ma consideriamo il fenomeno da un’altra prospettiva: perchè si fanno le olimpiadi o i mondiali di calcio o il sei nazioni di rugby o i mondiali di nuoto o i campionati di curling? Qual’è la vera molla? La fratellanza tra i popoli? No. La vera molla è ….. i piccioli: ovvero vendere più coca-cola, più birra, più macchine, più televisori, più, più, più, più. Dunque, non importa, ad esempio, se il Brasile si indebiti e riesca a finire di costruire gli stadi 30 secondi prima del fischio d’inizio. Importa solo che la scenografia sia pronta e riempita di folla festante. Stomaci da riempire, tasche da svuotare. E, in questa logica, la sola cosa che importa è esserci, per il quarto d’ora di gloria. In realtà, laddove vi fosse un reale interesse per la cosa pubblica, a tutti i mirabolanti sponsor bisognerebbe mostrare il dito medio e pianificare gli eventi per far durare ciò che si realizza, per omnia saecula saeculorum. Con un pò più di perizia e lungimiranza.